Dalla Sardegna ritornano i vini della Cantina #Santadi...
Il Carignano, principe del territorio del Sulcis
La Cantina di Santadi è ubicata nel Sulcis, zona sud-occidentale della Sardegna, in linea d’aria a pochi chilometri dalle meravigliose spiagge e dune bianche di Porto Pino. Nata nel 1960, superate le difficoltà dei primi anni con l’arrivo di un nuovo gruppo dirigente, animato da quella determinazione che genera entusiasmo e passione, l’azienda intraprende altre strade e adotta strategie diverse che le danno un nuovo volto con direttive più coerenti per i soci produttori. L’obiettivo è ambizioso, puntare sul vino imbottigliato, vini tipici rossi in particolare, dare visibilità ed identità al cultivar principe del territorio: il Carignano, senza tuttavia trascurare i vitigni a bacca bianca tradizionali della Sardegna, quali Vermentino, Nuragus e Nasco. Sotto il profilo enologico si punta decisamente in alto, chiedendo consulenza all’enologo di fama internazionale Giacomo Tachis, il cui arrivo dà una svolta alla Cantina di Santadi. Dalle uve dei vigneti ad alberello (vigna latina) si ottengono vini a base Carignano, dal contenuto estrattivo esuberante, dal nobile quadro tannico e dal perfetto equilibrio tra componente acido organica, grado alcolico e valore polifenolico.
Spirito innovativo, nel rispetto della tradizione
Il ponderato uso della barrique francese chiude meravigliosamente ed armoniosamente il ciclo evolutivo di questi emozionanti vini. Ai grandi vini rossi Terre Brune, Rocca Rubia, Noras, Araja, Grotta Rossa e Antigua, si accostano i raffinati bianchi Villa di Chiesa, Cala Silente, Pedraia, Villa Solais, Latinia, figli dell’antica tradizione enologica abbinata all’impiego delle nuove tecnologie in materia di vinificazione, stabilizzazione e imbottigliamento. Lo spirito innovativo, con il rispetto della tradizione territoriale, diventa per i nostri produttori un impegno assiduo e costante, che non solo vuole onorare la stessa Cantina, ma anche salvaguardare un vero patrimonio di tradizione, cultura, gusto, stile e storia che sono la vera essenza della nostra realtà contadina.
Una storia fatta di territorio, carignano e persone
La Cantina di Santadi nasce nel 1960 per volontà di un gruppo di produttori di uva, coordinati dall’ETFAS, ossia l’Ente per la trasformazione fondiaria e agraria in Sardegna, con l’intento di trasformare le uve in forma associata e vendere il vino ottenuto. L’ubicazione è a Santadi, zona sud-occidentale della Sardegna, nel cuore del Sulcis. Sino agli anni ’80 l’attività è limitata alla produzione e vendita di vino sfuso, con timide iniziative di vendita di vino imbottigliato, con scarsi risultati. A metà anni settanta, con l’arrivo di un nuovo consiglio di amministrazione, capeggiato dall’attuale presidente Antonello Pilloni, avviene la svolta. Il nuovo gruppo dirigente è animato da grande entusiasmo e passione e, chiamato, in qualità di consulente, l’enologo di fama internazionale Giacomo Tachis, che prende a cuore le sorti della Cantina Santadi, si affeziona al territorio, e con il suo intervento i vini della Cantina di Santadi fanno un salto di qualità, tanto da essere immediatamente accettati nei mercati più importanti, con riconoscimenti di grande qualità e forte identità. Da allora ad oggi è stato un continuo crescendo, il marchio dei vini Santadi è sempre più diffuso ed apprezzato in tutto il mondo, il cui successo è sicuramente dovuto alla squadra, ovvero i produttori, gli amministratori, i commerciali, i collaboratori e le maestranze tutte, che rappresentano per il territorio un patrimonio di grandi professionalità.
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da #Gulfi ritornano il Nero d'Avola #Nerojbleo ed il Cerasuolo di Vittoria...
Il territorio in cui lavoriamo vanta da oltre 2000 anni la presenza della vite.
Non abbiamo inventato niente che già non esisteva. Niente che da almeno duemila anni non venisse fatto. Abbiamo solo dovuto adattare al nostro tempo l’operosità dei nostri Padri, la cultura dei nostri Avi. Abbiamo ricevuto in prestito un territorio, che dobbiamo rispettare perché è il nostro futuro e il futuro dei nostri figli. Quello che ci hanno insegnato i nostri Padri dobbiamo trasmetterlo ai nostri figli. Il territorio è il nostro capitale, lasciatoci in prestito, che non dobbiamo consumare, intaccare o peggio distruggere, ma migliorare. Possiamo, dobbiamo goderne solo i frutti, con intelligenza, con rispetto.
Probabilmente tra cento anni i nostri vini rappresenteranno ancora la vera espressione del nostro territorio, come lo sono oggi e come lo sono sempre stati.
Una civiltà che si rispetti, oltre ad un territorio deve avere una cultura che la identifichi, l’accomuni, nel tempo e attraverso i tempi. Un tassello di un mosaico da solo non rappresenta niente. E’ solo nella giusta posizione nel mosaico, insieme a tanti altri tasselli, che può diventare una grande opera d’arte, capace di resistere e valorizzarsi nel tempo.
I nostri vini sono vera espressione del territorio da cui provengono. Non vogliono essere esclusivamente né i vini del produttore né i vini dell’enologo.
La ricerca dell’armonia, dell’equilibrio nel vigneto ed in cantina da parte dell’uomo impone una conoscenza profonda dell’ambiente in cui si opera. Il viticoltore e l’enologo non possono essere due figure separate, stagne, ma entrambe devono essere complementari e far parte del territorio in cui operano, in modo da poter meglio comprendere ed interpretare la vigna, i vitigni, la cultura vitivinicola del territorio. E’ essenziale spendere tanto tempo nella ricerca delle ragioni, del perché in un ambiente si è prodotto un tipo di vino anziché un altro o coltivato da sempre un tipo di vitigno e non altri.
Il nostro lavoro è motivato da forte passione, tramandata da padre in figlio, e condivisione dei valori in cui crediamo.
Bisognerebbe riflettere molto sul fatto che le scelte di oggi avranno effetti futuri. Chi oggi impianta un vigneto deve fare una scelta definitiva: molto probabilmente lascerà la vigna e i vitigni che ha deciso di impiantarvi in eredità ai propri figli, quindi le sue scelte non possono dipendere da “mode commerciali”, da considerazioni superficiali fatte dall’esperto o dal tecnico “di passaggio” nella propria azienda. I suoi sforzi, l’azienda che fonderà, i vigneti che impianterà, dovranno essere in grado di garantire una continuità alla generazione successiva, che sarà quella che appieno usufruirà dei frutti e dell’impegno profuso oggi.
Il nostro intervento in cantina si riduce semplicemente al rispetto di quanto prodotto dalla natura.
Il valore aggiunto che fa del vino un prodotto agricolo diverso rispetto agli altri prodotti della terra è il suo legame culturale con il territorio in cui viene prodotto. E’ per questo che un vino, quando è vera espressione del territorio e della cultura degli uomini che lo producono, non dipende da una sola persona, ma da una civiltà.
Masseria Li Veli, Vitigni Autoctoni dalla Puglia...
Nel 1999 la famiglia Falvo, con oltre 40 anni di esperienza nel settore del vino, acquista e rifonda Masseria Li Veli con la volontà di dare vita ad un progetto di grande qualità in Puglia, regione dalle antichissime tradizioni vitivinicole.
La masseria sorge su un antichissimo sito messapico dominante la piana fertile e solare del Salento. Il suo antico proprietario, il marchese Antonio de Viti de Marco (1858-1943), economista leccese di fama internazionale, professore universitario e Deputato del Regno d'Italia, di Li Veli fece un'azienda vitivinicola presa a modello in tutto il Meridione. Oggi la masseria, impeccabilmente restaurata, è costituita da 33.000 mq di superficie di cui 3.750 mq comprendono uffici, zona ricettiva, locali di vinificazione, di invecchiamento e stoccaggio.
Askos è il nome del nostro progetto dedicato alla ricerca, selezione e valorizzazione del patrimonio dei vitigni autoctoni pugliesi in via di estinzione. I vini sono prodotti esclusivamente con uve provenienti da zone a particolare vocazione nelle quali il vitigno è allevato secondo i canoni di un’ antica memoria. Il simbolo è un askos, “decanter” greco del I secolo a.c.
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Ritorna l'#Aglianico del #Vulture di Cantina Madonna delle Grazie
I nostri vini vengono preparati e progettati a partire dalle nostre vigne. La qualità di un vino, infatti non si ottiene solo in cantina ma innanzitutto in vigna. Le nostre nuove cantine, ubicate in prossimità del complesso monastico francescano della Madonna delle Grazie (XVI secolo), ci permettono di valorizzare ed esprimere al meglio, con una studiata tecnica enologica, il valore e la qualità delle nostre uve selezionate. La tecnica, maturata nella migliore scuola enologica italiana e francese, si basa su una profonda conoscenza e ricerca scientifica dei sistemi di vinificazione e delle caratteristiche dell’Aglianico del Vulture. Avere a disposizione come materia prima uve di un grande vitigno come l’Aglianico, é un certo vantaggio e garanzia di qualità per i nostri vini. Già insigni personalità come il lucano Michele Carlucci, ed il Prof. Giovanni Dalmasso, maestro dell’enologia e viticoltura Italiana, in un convegno dell’Accademia italiana della Vite e del Vino, tenutosi proprio nell’Abazzia di San Michele in Monticchio nel 1957, hanno dichiarato l’Aglianico del Vulture, come uno tra i migliori vitigni ad attitudine enologica nel panorama ampelografico internazionale, identificando il vino omonimo prodotto nell’area come il Barolo del Sud. Tali considerazioni sono supportate dalle recenti acquisizioni in campo scientifico.Alla nostra gamma vini appartengono al momento quattro tipologie di rosso a denominazione di origine controllata, un rosè 100% Aglianico del Vulture, e un bianco ottenuto da una piccola parcella di Malvasia. Tutti i nostri vini nascono come fiero ed orgoglioso omaggio al nostro lavoro, alla nostra storia e al nostro territorio.
Acquista i prodotti di Cantine Madonna delle Grazie sul nostro negozio online...
descrizione ampelografica
Si riporta la descrizione elaborata da Michele Carlucci, sommo ampolografo, fondatore della scuola enologica di Avellino, presidente onorario dell’Accademia italiana della vite e del vino. “Il vitigno Aglianico ha i tralci di color nocciola, duri con internodi corti o medi. I germogli sono cotonosi con ricco tomento biancastro sulle foglioline terminali con l’apice del germoglio leggermente sfumato in rosa. Le foglie medie sono pentagonali, ordinariamente trilobate, talvolta quadrilobate con seni laterali mediamente profondi, chiusi o quasi sovente con dente sul fondo. Altre caratteristiche sono il seno peziolare quasi chiuso, i denti larghi ottusi, il picciolo leggermente rosso alla base. I grappoli sono medi (il peso è circa 100 g.), più o meno serrati, conici e piramidali, frequentemente alati; il peduncolo è medio o medio-corto, giallo verdastro a perfetta maturazione, i pedicelli corti e rossi. Gli acini sono medi sferici, la buccia è spessa, coriacea di color violetto carico e pruinosa. La maturazione è piuttosto tardiva nell’area del Vulture, si determina tra il 15 ottobre e il 10 novembre”.
storia dell'aglianico del vulture
L’Aglianico, secondo le tesi più accreditate sarebbe stato introdotto in Italia dai coloni greci della Calcide ( eubea) ( oggi negroponte) all’epoca della fondazione di Cuma ( 750 a. C.). Ma alcune recenti teorie in corso di definizione, ipotizzano la coltivazione della vite e la presenza del vitigno ancestrale nell’antica Lucania anteriori all’arrivo dei coloni greci. Anche l’origine etimologica del suo nome è incerta. L’appellativo ancestrale sarebbe stato secondo alcuni Eleanico, dal nome dell’antica città di Elea, sulla spiaggia lucana del Tirreno. Secondo i più il suo nome iniziale era Ellhnika. La corruzione linguistica di questo in Ellanica , Ellenico (sinonimie riportate nella letteratura ampelografica) quindi in Aglianico si è completata alla fine del XV secolo, al tempo del dominazione aragonese nel regno di Napoli. Infatti la doppia L in spagnolo ha lo stesso suono del gruppo GL. Se il Barolo è stato definito come il vino dei re, l’Aglianico nella sua più lunga storia non gli è stato certamente da meno stato costantemente presente sulle mense di sovrani e condottieri. Innanzitutto l’Aglianico rientrava nell’uvaggio del Falerno, il più celebrato vino dell’Impero Romano. Lo hanno quindi bevuto imperatori tra cui sicuramente sicuramente Augusto, i cui momenti di convivio, sono stati magnificati dai versi Quinto Orazio Flacco, poeta maximus, dell’impero ma anche noto come poeta del carpe diem e del vino. Oriundo della stessa capitale dell’Aglianico del Vulture Venusia, splendida civitas ricca di vigneti, più di ogni altro ha tratto dalla vite e dal vino forza ispiratrice generando i più grandi capolavori della poesia mondiale di tutti i tempi, che hanno contribuito a creare quel profondo legame e tra cultura e vino, che distingue lo stesso vino dalle altre comuni bevande alcoliche. Nel basso Medioevo gli esarchi bizantini inviavano ai Basilei di Bisanti, signori della Basilicata fino all’anno 1000, li potente vino del Vulture. Il Normanno Roberto d’Altavilla, detto il Guiscardo, divenut dopo il fratello Drogone feudatario di Venosa, ne era grande estimatore. Il grande imperatore Federico II di Svevia, amante della poesia musica e caccia lo amava bere abbinandolo sugli arrosti di cacciagione nei castelli di Melfi e Lagopesole e Monteserico, con il cancelliere Pier delle Vigne e i suoi cavalieri. Carlo d’Angiò raccomandava ai feudatari suoi vassalli del Vulture di inviargli ogni anno 400 somme del buon vino Aglianico. Il coppiere Sante lancierio riferisce come l’aglianico sia stato uno dei preferiti vini di paolo III Farnese. Fra gli apologeti degustatori di questo vino ci fu Ferdinando IV di Borbone penultimo re delle Due Sicilie, che venuto in visita ufficiale in Basilicata, si trattenne più a lungo soggiogato dal bellissimo paesaggio e dalla bontà del vino.
Clicca sulle bottiglie per visualizzare le schede tecniche dei vini.
Aglianico del Vulture “Messeroto”
Aglianico del Vulture "Liscone"
Aglianico del Vulture "Bauccio"
Aglianico del Vulture Riserva “Drogone”
Dalla Sicilia, ritornano i vini di Marco de Bartoli
MARCO DE BARTOLI
È in Sicilia, nella zona occidentale dell’isola, nel marsalese, che Marco De Bartoli, credendo fortemente nelle tradizioni della viticoltura del suo territorio, si avvia a riscoprire e coltivare uno stretto legame tra i metodi tradizionali e innovativi di lavorazione della terra e di produzione del vino.
Ed è proprio la ricerca di un’eccellente qualità, coniugata al rispetto delle tradizioni vinicole siciliane che fanno prediligere a Marco De Bartoli l’utilizzo di vitigni autoctoni ed in particolare il Grillo, presente in Sicilia dall’epoca fenicia e base del classico Marsala, e lo Zibibbo, da cui si ricava il celebre moscato passito di Pantelleria. Nascono così i vini di Marco De Bartoli, il primo dei quali è il “Vecchio Samperi”, in onore alle terre che ospitano l’azienda, un vino ottenuto con l’antico metodo Soleras che, attraverso una sequenza di passaggi di piccole percentuali di vino più giovane in fusti che contengono vini più vecchi, permette di creare un’armoniosa mescolanza di annate diverse, dal gusto unico e inimitabile.
Nel 1982 è imbottigliato il “Vigna La Miccia”, Marsala tipo Oro, più gentile perché vinificato a freddo, dagli intensi profumi primari delle uve Grillo e Inzolia.
Sulla scia del “Vecchio Samperi” nel 1983 nasce il “Marsala Superiore”, un vino invecchiato nel rispetto dei tempi ciclici della natura in botti di rovere ma reso amabile dalla mistella, base alcolica d’antica ricetta, ottenuta dalla miscela del mosto d’uve Inzolia e acqua vite. L’appassionato lavoro di ricerca di Marco De Bartoli continua e negli ultimi anni si è determinata la produzione di vini d’annata, soprattutto monovarietali autoctoni e rossi di carattere internazionale.
dalla #Sardegna ritorna #Santadi...
Il Carignano, principe del territorio del Sulcis
La Cantina di Santadi è ubicata nel Sulcis, zona sud-occidentale della Sardegna, in linea d’aria a pochi chilometri dalle meravigliose spiagge e dune bianche di Porto Pino. Nata nel 1960, superate le difficoltà dei primi anni con l’arrivo di un nuovo gruppo dirigente, animato da quella determinazione che genera entusiasmo e passione, l’azienda intraprende altre strade e adotta strategie diverse che le danno un nuovo volto con direttive più coerenti per i soci produttori. L’obiettivo è ambizioso, puntare sul vino imbottigliato, vini tipici rossi in particolare, dare visibilità ed identità al cultivar principe del territorio: il Carignano, senza tuttavia trascurare i vitigni a bacca bianca tradizionali della Sardegna, quali Vermentino, Nuragus e Nasco. Sotto il profilo enologico si punta decisamente in alto, chiedendo consulenza all’enologo di fama internazionale Giacomo Tachis, il cui arrivo dà una svolta alla Cantina di Santadi. Dalle uve dei vigneti ad alberello (vigna latina) si ottengono vini a base Carignano, dal contenuto estrattivo esuberante, dal nobile quadro tannico e dal perfetto equilibrio tra componente acido organica, grado alcolico e valore polifenolico.
Spirito innovativo, nel rispetto della tradizione
Il ponderato uso della barrique francese chiude meravigliosamente ed armoniosamente il ciclo evolutivo di questi emozionanti vini. Ai grandi vini rossi Terre Brune, Rocca Rubia, Noras, Araja, Grotta Rossa e Antigua, si accostano i raffinati bianchi Villa di Chiesa, Cala Silente, Pedraia, Villa Solais, Latinia, figli dell’antica tradizione enologica abbinata all’impiego delle nuove tecnologie in materia di vinificazione, stabilizzazione e imbottigliamento. Lo spirito innovativo, con il rispetto della tradizione territoriale, diventa per i nostri produttori un impegno assiduo e costante, che non solo vuole onorare la stessa Cantina, ma anche salvaguardare un vero patrimonio di tradizione, cultura, gusto, stile e storia che sono la vera essenza della nostra realtà contadina.
Una storia fatta di territorio, carignano e persone
La Cantina di Santadi nasce nel 1960 per volontà di un gruppo di produttori di uva, coordinati dall’ETFAS, ossia l’Ente per la trasformazione fondiaria e agraria in Sardegna, con l’intento di trasformare le uve in forma associata e vendere il vino ottenuto. L’ubicazione è a Santadi, zona sud-occidentale della Sardegna, nel cuore del Sulcis. Sino agli anni ’80 l’attività è limitata alla produzione e vendita di vino sfuso, con timide iniziative di vendita di vino imbottigliato, con scarsi risultati. A metà anni settanta, con l’arrivo di un nuovo consiglio di amministrazione, capeggiato dall’attuale presidente Antonello Pilloni, avviene la svolta. Il nuovo gruppo dirigente è animato da grande entusiasmo e passione e, chiamato, in qualità di consulente, l’enologo di fama internazionale Giacomo Tachis, che prende a cuore le sorti della Cantina Santadi, si affeziona al territorio, e con il suo intervento i vini della Cantina di Santadi fanno un salto di qualità, tanto da essere immediatamente accettati nei mercati più importanti, con riconoscimenti di grande qualità e forte identità. Da allora ad oggi è stato un continuo crescendo, il marchio dei vini Santadi è sempre più diffuso ed apprezzato in tutto il mondo, il cui successo è sicuramente dovuto alla squadra, ovvero i produttori, gli amministratori, i commerciali, i collaboratori e le maestranze tutte, che rappresentano per il territorio un patrimonio di grandi professionalità.
#Gulfi dalla Sicilia, le nuove annate...
Il territorio in cui lavoriamo vanta da oltre 2000 anni la presenza della vite.
Non abbiamo inventato niente che già non esisteva. Niente che da almeno duemila anni non venisse fatto. Abbiamo solo dovuto adattare al nostro tempo l’operosità dei nostri Padri, la cultura dei nostri Avi. Abbiamo ricevuto in prestito un territorio, che dobbiamo rispettare perché è il nostro futuro e il futuro dei nostri figli. Quello che ci hanno insegnato i nostri Padri dobbiamo trasmetterlo ai nostri figli. Il territorio è il nostro capitale, lasciatoci in prestito, che non dobbiamo consumare, intaccare o peggio distruggere, ma migliorare. Possiamo, dobbiamo goderne solo i frutti, con intelligenza, con rispetto.
Probabilmente tra cento anni i nostri vini rappresenteranno ancora la vera espressione del nostro territorio, come lo sono oggi e come lo sono sempre stati.
Una civiltà che si rispetti, oltre ad un territorio deve avere una cultura che la identifichi, l’accomuni, nel tempo e attraverso i tempi. Un tassello di un mosaico da solo non rappresenta niente. E’ solo nella giusta posizione nel mosaico, insieme a tanti altri tasselli, che può diventare una grande opera d’arte, capace di resistere e valorizzarsi nel tempo.
I nostri vini sono vera espressione del territorio da cui provengono. Non vogliono essere esclusivamente né i vini del produttore né i vini dell’enologo.
La ricerca dell’armonia, dell’equilibrio nel vigneto ed in cantina da parte dell’uomo impone una conoscenza profonda dell’ambiente in cui si opera. Il viticoltore e l’enologo non possono essere due figure separate, stagne, ma entrambe devono essere complementari e far parte del territorio in cui operano, in modo da poter meglio comprendere ed interpretare la vigna, i vitigni, la cultura vitivinicola del territorio. E’ essenziale spendere tanto tempo nella ricerca delle ragioni, del perché in un ambiente si è prodotto un tipo di vino anziché un altro o coltivato da sempre un tipo di vitigno e non altri.
Il nostro lavoro è motivato da forte passione, tramandata da padre in figlio, e condivisione dei valori in cui crediamo.
Bisognerebbe riflettere molto sul fatto che le scelte di oggi avranno effetti futuri. Chi oggi impianta un vigneto deve fare una scelta definitiva: molto probabilmente lascerà la vigna e i vitigni che ha deciso di impiantarvi in eredità ai propri figli, quindi le sue scelte non possono dipendere da “mode commerciali”, da considerazioni superficiali fatte dall’esperto o dal tecnico “di passaggio” nella propria azienda. I suoi sforzi, l’azienda che fonderà, i vigneti che impianterà, dovranno essere in grado di garantire una continuità alla generazione successiva, che sarà quella che appieno usufruirà dei frutti e dell’impegno profuso oggi.
Il nostro intervento in cantina si riduce semplicemente al rispetto di quanto prodotto dalla natura.
Il valore aggiunto che fa del vino un prodotto agricolo diverso rispetto agli altri prodotti della terra è il suo legame culturale con il territorio in cui viene prodotto. E’ per questo che un vino, quando è vera espressione del territorio e della cultura degli uomini che lo producono, non dipende da una sola persona, ma da una civiltà.
#Aglianico del #Vulture di Cantina Madonna delle Grazie
I nostri vini vengono preparati e progettati a partire dalle nostre vigne. La qualità di un vino, infatti non si ottiene solo in cantina ma innanzitutto in vigna. Le nostre nuove cantine, ubicate in prossimità del complesso monastico francescano della Madonna delle Grazie (XVI secolo), ci permettono di valorizzare ed esprimere al meglio, con una studiata tecnica enologica, il valore e la qualità delle nostre uve selezionate. La tecnica, maturata nella migliore scuola enologica italiana e francese, si basa su una profonda conoscenza e ricerca scientifica dei sistemi di vinificazione e delle caratteristiche dell’Aglianico del Vulture. Avere a disposizione come materia prima uve di un grande vitigno come l’Aglianico, é un certo vantaggio e garanzia di qualità per i nostri vini. Già insigni personalità come il lucano Michele Carlucci, ed il Prof. Giovanni Dalmasso, maestro dell’enologia e viticoltura Italiana, in un convegno dell’Accademia italiana della Vite e del Vino, tenutosi proprio nell’Abazzia di San Michele in Monticchio nel 1957, hanno dichiarato l’Aglianico del Vulture, come uno tra i migliori vitigni ad attitudine enologica nel panorama ampelografico internazionale, identificando il vino omonimo prodotto nell’area come il Barolo del Sud. Tali considerazioni sono supportate dalle recenti acquisizioni in campo scientifico.Alla nostra gamma vini appartengono al momento quattro tipologie di rosso a denominazione di origine controllata, un rosè 100% Aglianico del Vulture, e un bianco ottenuto da una piccola parcella di Malvasia. Tutti i nostri vini nascono come fiero ed orgoglioso omaggio al nostro lavoro, alla nostra storia e al nostro territorio.
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descrizione ampelografica
Si riporta la descrizione elaborata da Michele Carlucci, sommo ampolografo, fondatore della scuola enologica di Avellino, presidente onorario dell’Accademia italiana della vite e del vino. “Il vitigno Aglianico ha i tralci di color nocciola, duri con internodi corti o medi. I germogli sono cotonosi con ricco tomento biancastro sulle foglioline terminali con l’apice del germoglio leggermente sfumato in rosa. Le foglie medie sono pentagonali, ordinariamente trilobate, talvolta quadrilobate con seni laterali mediamente profondi, chiusi o quasi sovente con dente sul fondo. Altre caratteristiche sono il seno peziolare quasi chiuso, i denti larghi ottusi, il picciolo leggermente rosso alla base. I grappoli sono medi (il peso è circa 100 g.), più o meno serrati, conici e piramidali, frequentemente alati; il peduncolo è medio o medio-corto, giallo verdastro a perfetta maturazione, i pedicelli corti e rossi. Gli acini sono medi sferici, la buccia è spessa, coriacea di color violetto carico e pruinosa. La maturazione è piuttosto tardiva nell’area del Vulture, si determina tra il 15 ottobre e il 10 novembre”.
storia dell'aglianico del vulture
L’Aglianico, secondo le tesi più accreditate sarebbe stato introdotto in Italia dai coloni greci della Calcide ( eubea) ( oggi negroponte) all’epoca della fondazione di Cuma ( 750 a. C.). Ma alcune recenti teorie in corso di definizione, ipotizzano la coltivazione della vite e la presenza del vitigno ancestrale nell’antica Lucania anteriori all’arrivo dei coloni greci. Anche l’origine etimologica del suo nome è incerta. L’appellativo ancestrale sarebbe stato secondo alcuni Eleanico, dal nome dell’antica città di Elea, sulla spiaggia lucana del Tirreno. Secondo i più il suo nome iniziale era Ellhnika. La corruzione linguistica di questo in Ellanica , Ellenico (sinonimie riportate nella letteratura ampelografica) quindi in Aglianico si è completata alla fine del XV secolo, al tempo del dominazione aragonese nel regno di Napoli. Infatti la doppia L in spagnolo ha lo stesso suono del gruppo GL. Se il Barolo è stato definito come il vino dei re, l’Aglianico nella sua più lunga storia non gli è stato certamente da meno stato costantemente presente sulle mense di sovrani e condottieri. Innanzitutto l’Aglianico rientrava nell’uvaggio del Falerno, il più celebrato vino dell’Impero Romano. Lo hanno quindi bevuto imperatori tra cui sicuramente sicuramente Augusto, i cui momenti di convivio, sono stati magnificati dai versi Quinto Orazio Flacco, poeta maximus, dell’impero ma anche noto come poeta del carpe diem e del vino. Oriundo della stessa capitale dell’Aglianico del Vulture Venusia, splendida civitas ricca di vigneti, più di ogni altro ha tratto dalla vite e dal vino forza ispiratrice generando i più grandi capolavori della poesia mondiale di tutti i tempi, che hanno contribuito a creare quel profondo legame e tra cultura e vino, che distingue lo stesso vino dalle altre comuni bevande alcoliche. Nel basso Medioevo gli esarchi bizantini inviavano ai Basilei di Bisanti, signori della Basilicata fino all’anno 1000, li potente vino del Vulture. Il Normanno Roberto d’Altavilla, detto il Guiscardo, divenut dopo il fratello Drogone feudatario di Venosa, ne era grande estimatore. Il grande imperatore Federico II di Svevia, amante della poesia musica e caccia lo amava bere abbinandolo sugli arrosti di cacciagione nei castelli di Melfi e Lagopesole e Monteserico, con il cancelliere Pier delle Vigne e i suoi cavalieri. Carlo d’Angiò raccomandava ai feudatari suoi vassalli del Vulture di inviargli ogni anno 400 somme del buon vino Aglianico. Il coppiere Sante lancierio riferisce come l’aglianico sia stato uno dei preferiti vini di paolo III Farnese. Fra gli apologeti degustatori di questo vino ci fu Ferdinando IV di Borbone penultimo re delle Due Sicilie, che venuto in visita ufficiale in Basilicata, si trattenne più a lungo soggiogato dal bellissimo paesaggio e dalla bontà del vino.
Clicca sulle bottiglie per visualizzare le schede tecniche dei vini.
Aglianico del Vulture “Messeroto”
Aglianico del Vulture "Liscone"
Aglianico del Vulture "Bauccio"
Aglianico del Vulture Riserva “Drogone”
Dalla Sardegna, Cantina #Santadi...
Il Carignano, principe del territorio del Sulcis
La Cantina di Santadi è ubicata nel Sulcis, zona sud-occidentale della Sardegna, in linea d’aria a pochi chilometri dalle meravigliose spiagge e dune bianche di Porto Pino. Nata nel 1960, superate le difficoltà dei primi anni con l’arrivo di un nuovo gruppo dirigente, animato da quella determinazione che genera entusiasmo e passione, l’azienda intraprende altre strade e adotta strategie diverse che le danno un nuovo volto con direttive più coerenti per i soci produttori. L’obiettivo è ambizioso, puntare sul vino imbottigliato, vini tipici rossi in particolare, dare visibilità ed identità al cultivar principe del territorio: il Carignano, senza tuttavia trascurare i vitigni a bacca bianca tradizionali della Sardegna, quali Vermentino, Nuragus e Nasco. Sotto il profilo enologico si punta decisamente in alto, chiedendo consulenza all’enologo di fama internazionale Giacomo Tachis, il cui arrivo dà una svolta alla Cantina di Santadi. Dalle uve dei vigneti ad alberello (vigna latina) si ottengono vini a base Carignano, dal contenuto estrattivo esuberante, dal nobile quadro tannico e dal perfetto equilibrio tra componente acido organica, grado alcolico e valore polifenolico.
Spirito innovativo, nel rispetto della tradizione
Il ponderato uso della barrique francese chiude meravigliosamente ed armoniosamente il ciclo evolutivo di questi emozionanti vini. Ai grandi vini rossi Terre Brune, Rocca Rubia, Noras, Araja, Grotta Rossa e Antigua, si accostano i raffinati bianchi Villa di Chiesa, Cala Silente, Pedraia, Villa Solais, Latinia, figli dell’antica tradizione enologica abbinata all’impiego delle nuove tecnologie in materia di vinificazione, stabilizzazione e imbottigliamento. Lo spirito innovativo, con il rispetto della tradizione territoriale, diventa per i nostri produttori un impegno assiduo e costante, che non solo vuole onorare la stessa Cantina, ma anche salvaguardare un vero patrimonio di tradizione, cultura, gusto, stile e storia che sono la vera essenza della nostra realtà contadina.
Una storia fatta di territorio, carignano e persone
La Cantina di Santadi nasce nel 1960 per volontà di un gruppo di produttori di uva, coordinati dall’ETFAS, ossia l’Ente per la trasformazione fondiaria e agraria in Sardegna, con l’intento di trasformare le uve in forma associata e vendere il vino ottenuto. L’ubicazione è a Santadi, zona sud-occidentale della Sardegna, nel cuore del Sulcis. Sino agli anni ’80 l’attività è limitata alla produzione e vendita di vino sfuso, con timide iniziative di vendita di vino imbottigliato, con scarsi risultati. A metà anni settanta, con l’arrivo di un nuovo consiglio di amministrazione, capeggiato dall’attuale presidente Antonello Pilloni, avviene la svolta. Il nuovo gruppo dirigente è animato da grande entusiasmo e passione e, chiamato, in qualità di consulente, l’enologo di fama internazionale Giacomo Tachis, che prende a cuore le sorti della Cantina Santadi, si affeziona al territorio, e con il suo intervento i vini della Cantina di Santadi fanno un salto di qualità, tanto da essere immediatamente accettati nei mercati più importanti, con riconoscimenti di grande qualità e forte identità. Da allora ad oggi è stato un continuo crescendo, il marchio dei vini Santadi è sempre più diffuso ed apprezzato in tutto il mondo, il cui successo è sicuramente dovuto alla squadra, ovvero i produttori, gli amministratori, i commerciali, i collaboratori e le maestranze tutte, che rappresentano per il territorio un patrimonio di grandi professionalità.
#Gulfi dalla Sicilia… Nuove annate.
Il territorio in cui lavoriamo vanta da oltre 2000 anni la presenza della vite.
Non abbiamo inventato niente che già non esisteva. Niente che da almeno duemila anni non venisse fatto. Abbiamo solo dovuto adattare al nostro tempo l’operosità dei nostri Padri, la cultura dei nostri Avi. Abbiamo ricevuto in prestito un territorio, che dobbiamo rispettare perché è il nostro futuro e il futuro dei nostri figli. Quello che ci hanno insegnato i nostri Padri dobbiamo trasmetterlo ai nostri figli. Il territorio è il nostro capitale, lasciatoci in prestito, che non dobbiamo consumare, intaccare o peggio distruggere, ma migliorare. Possiamo, dobbiamo goderne solo i frutti, con intelligenza, con rispetto.
Probabilmente tra cento anni i nostri vini rappresenteranno ancora la vera espressione del nostro territorio, come lo sono oggi e come lo sono sempre stati.
Una civiltà che si rispetti, oltre ad un territorio deve avere una cultura che la identifichi, l’accomuni, nel tempo e attraverso i tempi. Un tassello di un mosaico da solo non rappresenta niente. E’ solo nella giusta posizione nel mosaico, insieme a tanti altri tasselli, che può diventare una grande opera d’arte, capace di resistere e valorizzarsi nel tempo.
I nostri vini sono vera espressione del territorio da cui provengono. Non vogliono essere esclusivamente né i vini del produttore né i vini dell’enologo.
La ricerca dell’armonia, dell’equilibrio nel vigneto ed in cantina da parte dell’uomo impone una conoscenza profonda dell’ambiente in cui si opera. Il viticoltore e l’enologo non possono essere due figure separate, stagne, ma entrambe devono essere complementari e far parte del territorio in cui operano, in modo da poter meglio comprendere ed interpretare la vigna, i vitigni, la cultura vitivinicola del territorio. E’ essenziale spendere tanto tempo nella ricerca delle ragioni, del perché in un ambiente si è prodotto un tipo di vino anziché un altro o coltivato da sempre un tipo di vitigno e non altri.
Il nostro lavoro è motivato da forte passione, tramandata da padre in figlio, e condivisione dei valori in cui crediamo.
Bisognerebbe riflettere molto sul fatto che le scelte di oggi avranno effetti futuri. Chi oggi impianta un vigneto deve fare una scelta definitiva: molto probabilmente lascerà la vigna e i vitigni che ha deciso di impiantarvi in eredità ai propri figli, quindi le sue scelte non possono dipendere da “mode commerciali”, da considerazioni superficiali fatte dall’esperto o dal tecnico “di passaggio” nella propria azienda. I suoi sforzi, l’azienda che fonderà, i vigneti che impianterà, dovranno essere in grado di garantire una continuità alla generazione successiva, che sarà quella che appieno usufruirà dei frutti e dell’impegno profuso oggi.
Il nostro intervento in cantina si riduce semplicemente al rispetto di quanto prodotto dalla natura.
Il valore aggiunto che fa del vino un prodotto agricolo diverso rispetto agli altri prodotti della terra è il suo legame culturale con il territorio in cui viene prodotto. E’ per questo che un vino, quando è vera espressione del territorio e della cultura degli uomini che lo producono, non dipende da una sola persona, ma da una civiltà.
Ritornano i vini di #MarcoDeBartoli
MARCO DE BARTOLI
È in Sicilia, nella zona occidentale dell’isola, nel marsalese, che Marco De Bartoli, credendo fortemente nelle tradizioni della viticoltura del suo territorio, si avvia a riscoprire e coltivare uno stretto legame tra i metodi tradizionali e innovativi di lavorazione della terra e di produzione del vino.
Ed è proprio la ricerca di un’eccellente qualità, coniugata al rispetto delle tradizioni vinicole siciliane che fanno prediligere a Marco De Bartoli l’utilizzo di vitigni autoctoni ed in particolare il Grillo, presente in Sicilia dall’epoca fenicia e base del classico Marsala, e lo Zibibbo, da cui si ricava il celebre moscato passito di Pantelleria. Nascono così i vini di Marco De Bartoli, il primo dei quali è il “Vecchio Samperi”, in onore alle terre che ospitano l’azienda, un vino ottenuto con l’antico metodo Soleras che, attraverso una sequenza di passaggi di piccole percentuali di vino più giovane in fusti che contengono vini più vecchi, permette di creare un’armoniosa mescolanza di annate diverse, dal gusto unico e inimitabile.
Nel 1982 è imbottigliato il “Vigna La Miccia”, Marsala tipo Oro, più gentile perché vinificato a freddo, dagli intensi profumi primari delle uve Grillo e Inzolia.
Sulla scia del “Vecchio Samperi” nel 1983 nasce il “Marsala Superiore”, un vino invecchiato nel rispetto dei tempi ciclici della natura in botti di rovere ma reso amabile dalla mistella, base alcolica d’antica ricetta, ottenuta dalla miscela del mosto d’uve Inzolia e acqua vite. L’appassionato lavoro di ricerca di Marco De Bartoli continua e negli ultimi anni si è determinata la produzione di vini d’annata, soprattutto monovarietali autoctoni e rossi di carattere internazionale.
#pirrovarone dal Salento… #primitivo & Co.
PIRRO VARONE, giovane e dinamica azienda che nasce dalla volontà di rivalutare i vini e l'olio del territorio salentino, attraverso una costante ricerca della qualita', con particolare attenzione all'ambiente grazie all'impiego di metodi biologici.
Autentici, genuini, ricchi di fragranze e profumi, vini che produciamo nell’assoluto rispetto della tradizione enologica del territorio salentino, con particolare attenzione all’ambiente e alla salute grazie all’impiego di metodi di produzione biologici.
Vendemmia rigorosamente a mano, severa selezione dei grappoli nel rispetto delle caratteristiche ambientali e della personalità del vitigno, vinificazione con moderne tecnologie…
#Aglianico del #Vulture Madonna delle Grazie
I nostri vini vengono preparati e progettati a partire dalle nostre vigne. La qualità di un vino, infatti non si ottiene solo in cantina ma innanzitutto in vigna. Le nostre nuove cantine, ubicate in prossimità del complesso monastico francescano della Madonna delle Grazie (XVI secolo), ci permettono di valorizzare ed esprimere al meglio, con una studiata tecnica enologica, il valore e la qualità delle nostre uve selezionate. La tecnica, maturata nella migliore scuola enologica italiana e francese, si basa su una profonda conoscenza e ricerca scientifica dei sistemi di vinificazione e delle caratteristiche dell’Aglianico del Vulture. Avere a disposizione come materia prima uve di un grande vitigno come l’Aglianico, é un certo vantaggio e garanzia di qualità per i nostri vini. Già insigni personalità come il lucano Michele Carlucci, ed il Prof. Giovanni Dalmasso, maestro dell’enologia e viticoltura Italiana, in un convegno dell’Accademia italiana della Vite e del Vino, tenutosi proprio nell’Abazzia di San Michele in Monticchio nel 1957, hanno dichiarato l’Aglianico del Vulture, come uno tra i migliori vitigni ad attitudine enologica nel panorama ampelografico internazionale, identificando il vino omonimo prodotto nell’area come il Barolo del Sud. Tali considerazioni sono supportate dalle recenti acquisizioni in campo scientifico.Alla nostra gamma vini appartengono al momento quattro tipologie di rosso a denominazione di origine controllata, un rosè 100% Aglianico del Vulture, e un bianco ottenuto da una piccola parcella di Malvasia. Tutti i nostri vini nascono come fiero ed orgoglioso omaggio al nostro lavoro, alla nostra storia e al nostro territorio.
Acquista i prodotti di Cantine Madonna delle Grazie sul nostro negozio online...
descrizione ampelografica
Si riporta la descrizione elaborata da Michele Carlucci, sommo ampolografo, fondatore della scuola enologica di Avellino, presidente onorario dell’Accademia italiana della vite e del vino. “Il vitigno Aglianico ha i tralci di color nocciola, duri con internodi corti o medi. I germogli sono cotonosi con ricco tomento biancastro sulle foglioline terminali con l’apice del germoglio leggermente sfumato in rosa. Le foglie medie sono pentagonali, ordinariamente trilobate, talvolta quadrilobate con seni laterali mediamente profondi, chiusi o quasi sovente con dente sul fondo. Altre caratteristiche sono il seno peziolare quasi chiuso, i denti larghi ottusi, il picciolo leggermente rosso alla base. I grappoli sono medi (il peso è circa 100 g.), più o meno serrati, conici e piramidali, frequentemente alati; il peduncolo è medio o medio-corto, giallo verdastro a perfetta maturazione, i pedicelli corti e rossi. Gli acini sono medi sferici, la buccia è spessa, coriacea di color violetto carico e pruinosa. La maturazione è piuttosto tardiva nell’area del Vulture, si determina tra il 15 ottobre e il 10 novembre”.
storia dell'aglianico del vulture
L’Aglianico, secondo le tesi più accreditate sarebbe stato introdotto in Italia dai coloni greci della Calcide ( eubea) ( oggi negroponte) all’epoca della fondazione di Cuma ( 750 a. C.). Ma alcune recenti teorie in corso di definizione, ipotizzano la coltivazione della vite e la presenza del vitigno ancestrale nell’antica Lucania anteriori all’arrivo dei coloni greci. Anche l’origine etimologica del suo nome è incerta. L’appellativo ancestrale sarebbe stato secondo alcuni Eleanico, dal nome dell’antica città di Elea, sulla spiaggia lucana del Tirreno. Secondo i più il suo nome iniziale era Ellhnika. La corruzione linguistica di questo in Ellanica , Ellenico (sinonimie riportate nella letteratura ampelografica) quindi in Aglianico si è completata alla fine del XV secolo, al tempo del dominazione aragonese nel regno di Napoli. Infatti la doppia L in spagnolo ha lo stesso suono del gruppo GL. Se il Barolo è stato definito come il vino dei re, l’Aglianico nella sua più lunga storia non gli è stato certamente da meno stato costantemente presente sulle mense di sovrani e condottieri. Innanzitutto l’Aglianico rientrava nell’uvaggio del Falerno, il più celebrato vino dell’Impero Romano. Lo hanno quindi bevuto imperatori tra cui sicuramente sicuramente Augusto, i cui momenti di convivio, sono stati magnificati dai versi Quinto Orazio Flacco, poeta maximus, dell’impero ma anche noto come poeta del carpe diem e del vino. Oriundo della stessa capitale dell’Aglianico del Vulture Venusia, splendida civitas ricca di vigneti, più di ogni altro ha tratto dalla vite e dal vino forza ispiratrice generando i più grandi capolavori della poesia mondiale di tutti i tempi, che hanno contribuito a creare quel profondo legame e tra cultura e vino, che distingue lo stesso vino dalle altre comuni bevande alcoliche. Nel basso Medioevo gli esarchi bizantini inviavano ai Basilei di Bisanti, signori della Basilicata fino all’anno 1000, li potente vino del Vulture. Il Normanno Roberto d’Altavilla, detto il Guiscardo, divenut dopo il fratello Drogone feudatario di Venosa, ne era grande estimatore. Il grande imperatore Federico II di Svevia, amante della poesia musica e caccia lo amava bere abbinandolo sugli arrosti di cacciagione nei castelli di Melfi e Lagopesole e Monteserico, con il cancelliere Pier delle Vigne e i suoi cavalieri. Carlo d’Angiò raccomandava ai feudatari suoi vassalli del Vulture di inviargli ogni anno 400 somme del buon vino Aglianico. Il coppiere Sante lancierio riferisce come l’aglianico sia stato uno dei preferiti vini di paolo III Farnese. Fra gli apologeti degustatori di questo vino ci fu Ferdinando IV di Borbone penultimo re delle Due Sicilie, che venuto in visita ufficiale in Basilicata, si trattenne più a lungo soggiogato dal bellissimo paesaggio e dalla bontà del vino.
Clicca sulle bottiglie per visualizzare le schede tecniche dei vini.
Aglianico del Vulture “Messeroto” 2011 14 %vol. 8.00€
Aglianico del Vulture "Liscone" 2010 14 %vol. 9.00€
Aglianico del Vulture "Bauccio" 2009 14,5 %vol. 16.00€
Aglianico del Vulture Riserva “Drogone” 2007 14,5 %vol. 27.00€
#gulfi nuove annate dalla Sicilia...
Il territorio in cui lavoriamo vanta da oltre 2000 anni la presenza della vite.
Non abbiamo inventato niente che già non esisteva. Niente che da almeno duemila anni non venisse fatto. Abbiamo solo dovuto adattare al nostro tempo l’operosità dei nostri Padri, la cultura dei nostri Avi. Abbiamo ricevuto in prestito un territorio, che dobbiamo rispettare perché è il nostro futuro e il futuro dei nostri figli. Quello che ci hanno insegnato i nostri Padri dobbiamo trasmetterlo ai nostri figli. Il territorio è il nostro capitale, lasciatoci in prestito, che non dobbiamo consumare, intaccare o peggio distruggere, ma migliorare. Possiamo, dobbiamo goderne solo i frutti, con intelligenza, con rispetto.
Probabilmente tra cento anni i nostri vini rappresenteranno ancora la vera espressione del nostro territorio, come lo sono oggi e come lo sono sempre stati.
Una civiltà che si rispetti, oltre ad un territorio deve avere una cultura che la identifichi, l’accomuni, nel tempo e attraverso i tempi. Un tassello di un mosaico da solo non rappresenta niente. E’ solo nella giusta posizione nel mosaico, insieme a tanti altri tasselli, che può diventare una grande opera d’arte, capace di resistere e valorizzarsi nel tempo.
I nostri vini sono vera espressione del territorio da cui provengono. Non vogliono essere esclusivamente né i vini del produttore né i vini dell’enologo.
La ricerca dell’armonia, dell’equilibrio nel vigneto ed in cantina da parte dell’uomo impone una conoscenza profonda dell’ambiente in cui si opera. Il viticoltore e l’enologo non possono essere due figure separate, stagne, ma entrambe devono essere complementari e far parte del territorio in cui operano, in modo da poter meglio comprendere ed interpretare la vigna, i vitigni, la cultura vitivinicola del territorio. E’ essenziale spendere tanto tempo nella ricerca delle ragioni, del perché in un ambiente si è prodotto un tipo di vino anziché un altro o coltivato da sempre un tipo di vitigno e non altri.
Il nostro lavoro è motivato da forte passione, tramandata da padre in figlio, e condivisione dei valori in cui crediamo.
Bisognerebbe riflettere molto sul fatto che le scelte di oggi avranno effetti futuri. Chi oggi impianta un vigneto deve fare una scelta definitiva: molto probabilmente lascerà la vigna e i vitigni che ha deciso di impiantarvi in eredità ai propri figli, quindi le sue scelte non possono dipendere da “mode commerciali”, da considerazioni superficiali fatte dall’esperto o dal tecnico “di passaggio” nella propria azienda. I suoi sforzi, l’azienda che fonderà, i vigneti che impianterà, dovranno essere in grado di garantire una continuità alla generazione successiva, che sarà quella che appieno usufruirà dei frutti e dell’impegno profuso oggi.
Il nostro intervento in cantina si riduce semplicemente al rispetto di quanto prodotto dalla natura.
Il valore aggiunto che fa del vino un prodotto agricolo diverso rispetto agli altri prodotti della terra è il suo legame culturale con il territorio in cui viene prodotto. E’ per questo che un vino, quando è vera espressione del territorio e della cultura degli uomini che lo producono, non dipende da una sola persona, ma da una civiltà.
Cerasuolo di Vittoria 2014 - 15€
Nero d’Avola Nerojbleo 2010- 14€
Nerello Mascalese Reseca 2007 - 29€
Nero d’Avola Nerosanlorè 2009 - 33€
Acquista i prodotti di Gulfi sul nostro negozio online...
Ritornano i grandi vini #MarcoDeBartoli
clicca qui per visualizzare i vini di questa azienda...
MARCO DE BARTOLI
È in Sicilia, nella zona occidentale dell’isola, nel marsalese, che Marco De Bartoli, credendo fortemente nelle tradizioni della viticoltura del suo territorio, si avvia a riscoprire e coltivare uno stretto legame tra i metodi tradizionali e innovativi di lavorazione della terra e di produzione del vino.
Ed è proprio la ricerca di un’eccellente qualità, coniugata al rispetto delle tradizioni vinicole siciliane che fanno prediligere a Marco De Bartoli l’utilizzo di vitigni autoctoni ed in particolare il Grillo, presente in Sicilia dall’epoca fenicia e base del classico Marsala, e lo Zibibbo, da cui si ricava il celebre moscato passito di Pantelleria. Nascono così i vini di Marco De Bartoli, il primo dei quali è il “Vecchio Samperi”, in onore alle terre che ospitano l’azienda, un vino ottenuto con l’antico metodo Soleras che, attraverso una sequenza di passaggi di piccole percentuali di vino più giovane in fusti che contengono vini più vecchi, permette di creare un’armoniosa mescolanza di annate diverse, dal gusto unico e inimitabile.
Nel 1982 è imbottigliato il “Vigna La Miccia”, Marsala tipo Oro, più gentile perché vinificato a freddo, dagli intensi profumi primari delle uve Grillo e Inzolia.
Sulla scia del “Vecchio Samperi” nel 1983 nasce il “Marsala Superiore”, un vino invecchiato nel rispetto dei tempi ciclici della natura in botti di rovere ma reso amabile dalla mistella, base alcolica d’antica ricetta, ottenuta dalla miscela del mosto d’uve Inzolia e acqua vite. L’appassionato lavoro di ricerca di Marco De Bartoli continua e negli ultimi anni si è determinata la produzione di vini d’annata, soprattutto monovarietali autoctoni e rossi di carattere internazionale.
PIETRA NERA - ZIBIBBO VINIFICATO IN SECCO 2014 - 12%vol. - 20.00€
ROSSO DI MARCO - PIGNATELLO 2013 - 12%vol. - 16.00€
MARSALA VIGNA LA MICCIA 5 ANNI - 2011 - 18%vol. - 26.00€
VECCHIO SAMPERI VENTENNALE - 17%vol. - 44.00€
PASSITO DI PANTELLERIA BUKKURAM SOLE D’AGOSTO - 14,5%vol. - 30.00€
BRUT TERZAVIA - 100% GRILLO - 2012 - 12%vol. - 22.00€
Pomice ed Ossidiana dalle Lipari #tdcastellaro
IL TERRITORIO
Il fuoco ha plasmato le Isole Eolie, arcipelago fertile, dominato dal sole, dai venti e dal mare. Quando abbiamo scoperto Lipari, ha lasciato il suo segno in noi, e abbiamo deciso di restituirle quello che ci ha donato, dichiarandole il nostro amore con i nostri vini. Vini che rappresentano l’essenza dell’isola, della sua storia e dei suoi uomini: la loro forza, fatica e capacità di trovare nel suolo su cui vivono non solo nutrimento, ma la loro stessa essenza.
Frequentando queste isole è impossibile non percepire la loro origine. Suoli, alture ed anfratti mostrano fieri grandi quantità di pietra pomice e di ossidiana: i minerali di cui questo territorio è composto. La prima è una pietra magmatica chiara, leggerissima a causa dell’elevata porosità, che rende i terreni sciolti e drenanti. L’ossidiana è invece un vetro vulcanico formatasi dal rapido raffreddamento delle lave. Entrambe queste pietre parlano del territorio, dell’arcipelago, di Lipari, e sono parte integrante della loro storia, del loro passato; sono gli elementi che hanno reso questo luogo così unico, come ora possiamo ammirarlo.
La Tenuta di Castellaro nasce dalla profonda volontà di condividere questo nostro angolo di paradiso, celebrando nel contempo questo stesso territorio a noi così vicino, così affine alla nostra indole, al nostro carattere; per questo abbiamo legato il nostro blasone a queste terre.
I vini che da questo territorio scaturiscono, vigorosi e morbidi al tempo stesso, esaltano ogni peculiarità dei suoli dai quali traggono nutrimento, esprimendo in maniera autentica questo ricchissimo e stupendo territorio.
Bianco Pomice - 2012 - 23.00€
I profumi, i colori chiari, i suoi mille riflessi: tutto questo lo lega alle Isole Eolie. Terre nobili e fertili, impervie, difficili e rigogliose ad un tempo. Così vogliamo ricambiare Lipari di ciò che Lipari ci ha donato.
Denominazione: Bianco Terre Siciliane ad Indicazione Geografica Protetta
Tipo di Terreno: sabbioso vulcanico, profondo, fertile e ricco in microelementi
Sistema di allevamento: alberello
Vitigni: Malvasia delle Lipari 60%, Carricante 30%, e altri vitigni autoctoni 10%
Periodo di vendemmia: fine Agosto/primi di Settembre
Ceppi per ettaro: 9000
Vendemmia: Manuale con selezione delle uve durante la raccolta
Vinificazione: pressatura diretta delle uve in pressa pneumatica. Nessuna chiarifica dei mosti, solo decantazione statica a 16°C., fermentazione a 20° circa in serbatoi di acciaio (Malvasia) e barriques di 3°/4° passaggio (Carricante) con batonage e sosta sui lieviti per circa 6 mesi. Ripetuti travasi per illimpidimento naturale del vino e imbottigliamento
Note particolari: vino bianco con spiccati sentori olfattivi fruttati e floreali. Di buona acidità e armonia al gusto.
Nero Ossidiana - 2012 - 25.00€
Carattere forte e deciso per il nostro vino tinto per eccellenza. acceso come il fuoco e il sole che hanno forgiato queste terre. la migliore espressione dei vitigni che lo animano.
Denominazione: Rosso Terre Siciliane ad Indicazione Geografica Protetta
Tipo di terreno: sabbioso vulcanico, profondo, fertile e ricco in microelementi
Sistema di allevamento: alberello
Vitigni: Corinto 60%, Nero d’Avola 20%, e altri vitigni 20%
Periodo di vendemmia: fine Agosto/primi di Settembre
Ceppi per ettaro: 9000
Vendemmia: Manuale con selezione delle uve durante la raccolta
Vinificazione: pigiatura delle uve intere e diraspate. Vinificazione in rosso, senza controllo della temperatura, con lunga macerazione del vino con le bucce e parte dei grappoli interi non diraspati. Svinatura e travaso del vino in botti usate per lo svolgimento della malolattica. Dopo otto mesi circa travaso in serbatoio di acciaio. Nessuna chiarifica, solo decantazione statica e ripetuti travasi per rendere naturalmente limpido il vino prima dell’imbottigliamento
Note particolari: tipico rosso isolano. Colore rosso rubino carico. Ha tipiche sfumature olfattive di frutta. Di buona gradazione alcolica e struttura.
#fiano #guidomarsella dalla Campania.
Pigiatura delle uve, conservazione in vasi vinari, imbottigliamento. L'unico elemento di contatto del vino in queste fasi di lavorazione è l’acciaio inox AISI 316.
Uve: 100% Fiano (solo aziendale)
Terreno: roccioso - argilloso
Altitudine: 700 metri s.l.m.
Anno d’impianto: 1990
Densità d’impianto: 2500 ceppi/Ha
Sistema d’allevamento: Guyot
Periodo raccolta: fine ottobre
Resa per ettaro: 60 Ql.
Tutti i vini dell’azienda Guido Marsella vengono commercializzati almeno dopo 18 mesi dalla vendemmia, in quanto il principio è di lasciare il mosto nei vasi vinari a maturare naturalmente in tutte le sue caratteristiche, tale “modus operandi” senza forzature, consentirà ai vini dopo l’imbottigliamento, se conservati a temperatura costante in ambienti salubri ed in assenza di luce, una durata di oltre 10 anni.
Fiano di Avellino 2011 13,5%vol. - 20€
#primitivo & #negramaro Pirro Varone...
PIRRO VARONE, giovane e dinamica azienda che nasce dalla volontà di rivalutare i vini e l'olio del territorio salentino, attraverso una costante ricerca della qualita', con particolare attenzione all'ambiente grazie all'impiego di metodi biologici.
Autentici, genuini, ricchi di fragranze e profumi, vini che produciamo nell’assoluto rispetto della tradizione enologica del territorio salentino, con particolare attenzione all’ambiente e alla salute grazie all’impiego di metodi di produzione biologici.
Vendemmia rigorosamente a mano, severa selezione dei grappoli nel rispetto delle caratteristiche ambientali e della personalità del vitigno, vinificazione con moderne tecnologie…
Primitivo di Manduria 2010 - 15%vol. - 13.00€
Primitivo di Manduria “Riserva” 2010 - 15%vol. - 19.00€
L’importanza di un nome antico corrisponde a quanto questo Primitivo di Manduria rievoca.
Si esalta con il suo bel colore rubino, molto luminoso, finemente accompagnato da qualità olfattiva molto intrigante. Morbido e moderatamente tannico, con gradevole freschezza.
Grisola 2010 - 13%vol. - 11.00€
Dal colore rubino molto scuro, al naso, si esprime fruttato, ricco di sentori caldi e profondi di ciliegia in confettura, mora e lampone. Morbido e diffuso l’impatto gustativo, preciso e fresco negli acidi. Questa è una grande riscoperta di un antico vitigno ricercato con cura.
Negramaro 2009 - 13%vol. - 10.00€
Vivace nel colore e facile al gusto. Piccoli frutti di bosco a bacca nera aprono il bouquet che, conserva remoto, il ricordo dell´uva. L´equilibrio in bocca dosa morbidezza e alcool al pari di acidità e tannini, senza lasciarsi violare dal caratteristico finale amaricato.Da tutto pasto, strizza l´occhio alle carni bianche.
Dalla Sicilia, nuove e vecchie annate da #gulfi
Il territorio in cui lavoriamo vanta da oltre 2000 anni la presenza della vite.
Non abbiamo inventato niente che già non esisteva. Niente che da almeno duemila anni non venisse fatto. Abbiamo solo dovuto adattare al nostro tempo l’operosità dei nostri Padri, la cultura dei nostri Avi. Abbiamo ricevuto in prestito un territorio, che dobbiamo rispettare perché è il nostro futuro e il futuro dei nostri figli. Quello che ci hanno insegnato i nostri Padri dobbiamo trasmetterlo ai nostri figli. Il territorio è il nostro capitale, lasciatoci in prestito, che non dobbiamo consumare, intaccare o peggio distruggere, ma migliorare. Possiamo, dobbiamo goderne solo i frutti, con intelligenza, con rispetto.
Probabilmente tra cento anni i nostri vini rappresenteranno ancora la vera espressione del nostro territorio, come lo sono oggi e come lo sono sempre stati.
Una civiltà che si rispetti, oltre ad un territorio deve avere una cultura che la identifichi, l’accomuni, nel tempo e attraverso i tempi. Un tassello di un mosaico da solo non rappresenta niente. E’ solo nella giusta posizione nel mosaico, insieme a tanti altri tasselli, che può diventare una grande opera d’arte, capace di resistere e valorizzarsi nel tempo.
I nostri vini sono vera espressione del territorio da cui provengono. Non vogliono essere esclusivamente né i vini del produttore né i vini dell’enologo.
La ricerca dell’armonia, dell’equilibrio nel vigneto ed in cantina da parte dell’uomo impone una conoscenza profonda dell’ambiente in cui si opera. Il viticoltore e l’enologo non possono essere due figure separate, stagne, ma entrambe devono essere complementari e far parte del territorio in cui operano, in modo da poter meglio comprendere ed interpretare la vigna, i vitigni, la cultura vitivinicola del territorio. E’ essenziale spendere tanto tempo nella ricerca delle ragioni, del perché in un ambiente si è prodotto un tipo di vino anziché un altro o coltivato da sempre un tipo di vitigno e non altri.
Il nostro lavoro è motivato da forte passione, tramandata da padre in figlio, e condivisione dei valori in cui crediamo.
Bisognerebbe riflettere molto sul fatto che le scelte di oggi avranno effetti futuri. Chi oggi impianta un vigneto deve fare una scelta definitiva: molto probabilmente lascerà la vigna e i vitigni che ha deciso di impiantarvi in eredità ai propri figli, quindi le sue scelte non possono dipendere da “mode commerciali”, da considerazioni superficiali fatte dall’esperto o dal tecnico “di passaggio” nella propria azienda. I suoi sforzi, l’azienda che fonderà, i vigneti che impianterà, dovranno essere in grado di garantire una continuità alla generazione successiva, che sarà quella che appieno usufruirà dei frutti e dell’impegno profuso oggi.
Il nostro intervento in cantina si riduce semplicemente al rispetto di quanto prodotto dalla natura.
Il valore aggiunto che fa del vino un prodotto agricolo diverso rispetto agli altri prodotti della terra è il suo legame culturale con il territorio in cui viene prodotto. E’ per questo che un vino, quando è vera espressione del territorio e della cultura degli uomini che lo producono, non dipende da una sola persona, ma da una civiltà.
Caricante 2011 - 20€
Cerasuolo di Vittoria 2013 - 15€
Nero d’Avola Nerojbleo 2009 - 14€
Nerello Mascalese Reseca 2007 - 29€
Nero d’Avola Nerobuffaleffj 2008 - 33€
Le vecchie Annate:
Nero d’Avola Nerobaronj 2005 - 35€
Nero d’Avola Nerosanlorè 2006 - 41€
Nero d’Avola Neromaccarj 2006 - 37€
#aglianico del #vulture Madonna delle Grazie…
I nostri vini vengono preparati e progettati a partire dalle nostre vigne. La qualità di un vino, infatti non si ottiene solo in cantina ma innanzitutto in vigna. Le nostre nuove cantine, ubicate in prossimità del complesso monastico francescano della Madonna delle Grazie (XVI secolo), ci permettono di valorizzare ed esprimere al meglio, con una studiata tecnica enologica, il valore e la qualità delle nostre uve selezionate. La tecnica, maturata nella migliore scuola enologica italiana e francese, si basa su una profonda conoscenza e ricerca scientifica dei sistemi di vinificazione e delle caratteristiche dell’Aglianico del Vulture. Avere a disposizione come materia prima uve di un grande vitigno come l’Aglianico, é un certo vantaggio e garanzia di qualità per i nostri vini. Già insigni personalità come il lucano Michele Carlucci, ed il Prof. Giovanni Dalmasso, maestro dell’enologia e viticoltura Italiana, in un convegno dell’Accademia italiana della Vite e del Vino, tenutosi proprio nell’Abazzia di San Michele in Monticchio nel 1957, hanno dichiarato l’Aglianico del Vulture, come uno tra i migliori vitigni ad attitudine enologica nel panorama ampelografico internazionale, identificando il vino omonimo prodotto nell’area come il Barolo del Sud. Tali considerazioni sono supportate dalle recenti acquisizioni in campo scientifico.Alla nostra gamma vini appartengono al momento quattro tipologie di rosso a denominazione di origine controllata, un rosè 100% Aglianico del Vulture, e un bianco ottenuto da una piccola parcella di Malvasia. Tutti i nostri vini nascono come fiero ed orgoglioso omaggio al nostro lavoro, alla nostra storia e al nostro territorio.
descrizione ampelografica
Si riporta la descrizione elaborata da Michele Carlucci, sommo ampolografo, fondatore della scuola enologica di Avellino, presidente onorario dell’Accademia italiana della vite e del vino. “Il vitigno Aglianico ha i tralci di color nocciola, duri con internodi corti o medi. I germogli sono cotonosi con ricco tomento biancastro sulle foglioline terminali con l’apice del germoglio leggermente sfumato in rosa. Le foglie medie sono pentagonali, ordinariamente trilobate, talvolta quadrilobate con seni laterali mediamente profondi, chiusi o quasi sovente con dente sul fondo. Altre caratteristiche sono il seno peziolare quasi chiuso, i denti larghi ottusi, il picciolo leggermente rosso alla base. I grappoli sono medi (il peso è circa 100 g.), più o meno serrati, conici e piramidali, frequentemente alati; il peduncolo è medio o medio-corto, giallo verdastro a perfetta maturazione, i pedicelli corti e rossi. Gli acini sono medi sferici, la buccia è spessa, coriacea di color violetto carico e pruinosa. La maturazione è piuttosto tardiva nell’area del Vulture, si determina tra il 15 ottobre e il 10 novembre”.
storia dell'aglianico del vulture
L’Aglianico, secondo le tesi più accreditate sarebbe stato introdotto in Italia dai coloni greci della Calcide ( eubea) ( oggi negroponte) all’epoca della fondazione di Cuma ( 750 a. C.). Ma alcune recenti teorie in corso di definizione, ipotizzano la coltivazione della vite e la presenza del vitigno ancestrale nell’antica Lucania anteriori all’arrivo dei coloni greci. Anche l’origine etimologica del suo nome è incerta. L’appellativo ancestrale sarebbe stato secondo alcuni Eleanico, dal nome dell’antica città di Elea, sulla spiaggia lucana del Tirreno. Secondo i più il suo nome iniziale era Ellhnika. La corruzione linguistica di questo in Ellanica , Ellenico (sinonimie riportate nella letteratura ampelografica) quindi in Aglianico si è completata alla fine del XV secolo, al tempo del dominazione aragonese nel regno di Napoli. Infatti la doppia L in spagnolo ha lo stesso suono del gruppo GL. Se il Barolo è stato definito come il vino dei re, l’Aglianico nella sua più lunga storia non gli è stato certamente da meno stato costantemente presente sulle mense di sovrani e condottieri. Innanzitutto l’Aglianico rientrava nell’uvaggio del Falerno, il più celebrato vino dell’Impero Romano. Lo hanno quindi bevuto imperatori tra cui sicuramente sicuramente Augusto, i cui momenti di convivio, sono stati magnificati dai versi Quinto Orazio Flacco, poeta maximus, dell’impero ma anche noto come poeta del carpe diem e del vino. Oriundo della stessa capitale dell’Aglianico del Vulture Venusia, splendida civitas ricca di vigneti, più di ogni altro ha tratto dalla vite e dal vino forza ispiratrice generando i più grandi capolavori della poesia mondiale di tutti i tempi, che hanno contribuito a creare quel profondo legame e tra cultura e vino, che distingue lo stesso vino dalle altre comuni bevande alcoliche. Nel basso Medioevo gli esarchi bizantini inviavano ai Basilei di Bisanti, signori della Basilicata fino all’anno 1000, li potente vino del Vulture. Il Normanno Roberto d’Altavilla, detto il Guiscardo, divenut dopo il fratello Drogone feudatario di Venosa, ne era grande estimatore. Il grande imperatore Federico II di Svevia, amante della poesia musica e caccia lo amava bere abbinandolo sugli arrosti di cacciagione nei castelli di Melfi e Lagopesole e Monteserico, con il cancelliere Pier delle Vigne e i suoi cavalieri. Carlo d’Angiò raccomandava ai feudatari suoi vassalli del Vulture di inviargli ogni anno 400 somme del buon vino Aglianico. Il coppiere Sante lancierio riferisce come l’aglianico sia stato uno dei preferiti vini di paolo III Farnese. Fra gli apologeti degustatori di questo vino ci fu Ferdinando IV di Borbone penultimo re delle Due Sicilie, che venuto in visita ufficiale in Basilicata, si trattenne più a lungo soggiogato dal bellissimo paesaggio e dalla bontà del vino.
Clicca sulle bottiglie per visualizzare le schede tecniche dei vini.
Aglianico del Vulture “Messeroto” 2008 14 %vol. 8.00€
Aglianico del Vulture "Liscone" 2009 14 %vol. 9.00€
Aglianico del Vulture "Bauccio" 2007 14,5 %vol. 16.00€
Aglianico del Vulture Riserva “Drogone” 2007 14,5 %vol. 27.00€
Aglianico del Vulture Riserva “Drogone” 2004 14,5 %vol. 32.00€
Dalla Sicilia… Marco De Bartoli
MARCO DE BARTOLI
È in Sicilia, nella zona occidentale dell’isola, nel marsalese, che Marco De Bartoli, credendo fortemente nelle tradizioni della viticoltura del suo territorio, si avvia a riscoprire e coltivare uno stretto legame tra i metodi tradizionali e innovativi di lavorazione della terra e di produzione del vino.
Ed è proprio la ricerca di un’eccellente qualità, coniugata al rispetto delle tradizioni vinicole siciliane che fanno prediligere a Marco De Bartoli l’utilizzo di vitigni autoctoni ed in particolare il Grillo, presente in Sicilia dall’epoca fenicia e base del classico Marsala, e lo Zibibbo, da cui si ricava il celebre moscato passito di Pantelleria. Nascono così i vini di Marco De Bartoli, il primo dei quali è il “Vecchio Samperi”, in onore alle terre che ospitano l’azienda, un vino ottenuto con l’antico metodo Soleras che, attraverso una sequenza di passaggi di piccole percentuali di vino più giovane in fusti che contengono vini più vecchi, permette di creare un’armoniosa mescolanza di annate diverse, dal gusto unico e inimitabile.
Nel 1982 è imbottigliato il “Vigna La Miccia”, Marsala tipo Oro, più gentile perché vinificato a freddo, dagli intensi profumi primari delle uve Grillo e Inzolia.
Sulla scia del “Vecchio Samperi” nel 1983 nasce il “Marsala Superiore”, un vino invecchiato nel rispetto dei tempi ciclici della natura in botti di rovere ma reso amabile dalla mistella, base alcolica d’antica ricetta, ottenuta dalla miscela del mosto d’uve Inzolia e acqua vite. L’appassionato lavoro di ricerca di Marco De Bartoli continua e negli ultimi anni si è determinata la produzione di vini d’annata, soprattutto monovarietali autoctoni e rossi di carattere internazionale.
GRAPPOLI DEL GRILLO - GRILLO 2010 - 13,5%vol. - 21.00€
PIETRA NERA - ZIBIBBO VINIFICATO IN SECCO 2012 - 12%vol. - 20.00€
LUCIDO - CATARRATTO 2012 - 12,5%vol. - 11.00€
ROSSO DI MARCO - PIGNATELLO 2011 - 13%vol. - 16.00€
MARSALA VIGNA LA MICCIA 5 ANNI - 2011 - 18,5%vol. - 26.00€
i Vini di Marco de Bartoli…
MARCO DE BARTOLI
È in Sicilia, nella zona occidentale dell’isola, nel marsalese, che Marco De Bartoli, credendo fortemente nelle tradizioni della viticoltura del suo territorio, si avvia a riscoprire e coltivare uno stretto legame tra i metodi tradizionali e innovativi di lavorazione della terra e di produzione del vino.
Ed è proprio la ricerca di un’eccellente qualità, coniugata al rispetto delle tradizioni vinicole siciliane che fanno prediligere a Marco De Bartoli l’utilizzo di vitigni autoctoni ed in particolare il Grillo, presente in Sicilia dall’epoca fenicia e base del classico Marsala, e lo Zibibbo, da cui si ricava il celebre moscato passito di Pantelleria. Nascono così i vini di Marco De Bartoli, il primo dei quali è il “Vecchio Samperi”, in onore alle terre che ospitano l’azienda, un vino ottenuto con l’antico metodo Soleras che, attraverso una sequenza di passaggi di piccole percentuali di vino più giovane in fusti che contengono vini più vecchi, permette di creare un’armoniosa mescolanza di annate diverse, dal gusto unico e inimitabile.
Nel 1982 è imbottigliato il “Vigna La Miccia”, Marsala tipo Oro, più gentile perché vinificato a freddo, dagli intensi profumi primari delle uve Grillo e Inzolia.
Sulla scia del “Vecchio Samperi” nel 1983 nasce il “Marsala Superiore”, un vino invecchiato nel rispetto dei tempi ciclici della natura in botti di rovere ma reso amabile dalla mistella, base alcolica d’antica ricetta, ottenuta dalla miscela del mosto d’uve Inzolia e acqua vite. L’appassionato lavoro di ricerca di Marco De Bartoli continua e negli ultimi anni si è determinata la produzione di vini d’annata, soprattutto monovarietali autoctoni e rossi di carattere internazionale.
GRAPPOLI DEL GRILLO - GRILLO 2010 - 13,5%vol. - 21.00€
PIETRA NERA - ZIBIBBO VINIFICATO IN SECCO 2012 - 12%vol. - 20.00€
LUCIDO - CATARRATTO 2012 - 12,5%vol. - 11.00€
ROSSO DI MARCO - PIGNATELLO 2011 - 13%vol. - 15.00€
#pirrovarone dal Salento… #primitivo & Co.
PIRRO VARONE, giovane e dinamica azienda che nasce dalla volontà di rivalutare i vini e l'olio del territorio salentino, attraverso una costante ricerca della qualita', con particolare attenzione all'ambiente grazie all'impiego di metodi biologici.
Autentici, genuini, ricchi di fragranze e profumi, vini che produciamo nell’assoluto rispetto della tradizione enologica del territorio salentino, con particolare attenzione all’ambiente e alla salute grazie all’impiego di metodi di produzione biologici.
Vendemmia rigorosamente a mano, severa selezione dei grappoli nel rispetto delle caratteristiche ambientali e della personalità del vitigno, vinificazione con moderne tecnologie…
Primitivo di Manduria 2010 - 15%vol. - 13.00€
L’importanza di un nome antico corrisponde a quanto questo Primitivo di Manduria rievoca.
Si esalta con il suo bel colore rubino, molto luminoso, finemente accompagnato da qualità olfattiva molto intrigante. Morbido e moderatamente tannico, con gradevole freschezza.
Grisola 2009 - 13,5%vol. - 11.00€
Dal colore rubino molto scuro, al naso, si esprime fruttato, ricco di sentori caldi e profondi di ciliegia in confettura, mora e lampone. Morbido e diffuso l’impatto gustativo, preciso e fresco negli acidi. Questa è una grande riscoperta di un antico vitigno ricercato con cura.
Fiano Minutolo 2012 - 13%vol. - 11.00€
L’evoluzione di questo vitigno esprime la continuità.
Per un lungo periodo abbandonato, si ritrova con l’espressione di un gusto gradevolmente aromatico.
Luminoso nel suo colore, dai profumi spiccatamente floreali con ricordi di gelsomino e glicine.
Malvasia Bianca 2012 - 13%vol. - 8.00€
Il bicchiere si veste di oro cristallino. E´ l´annuncio di uno scambio di fedi nuziali tra delicati sentori e accenti di personalità. Al naso, una bambagia di fiori bianchi e albicocca circonda il fondo di agrumi. Al gusto, la morbidezza compenetra la freschezza trionfante.
A tavola, il si è con il pesce, meglio se di acqua dolce
Negramaro 2008 - 13%vol. - 10.00€
Vivace nel colore e facile al gusto. Piccoli frutti di bosco a bacca nera aprono il bouquet che, conserva remoto, il ricordo dell´uva. L´equilibrio in bocca dosa morbidezza e alcool al pari di acidità e tannini, senza lasciarsi violare dal caratteristico finale amaricato.Da tutto pasto, strizza l´occhio alle carni bianche.
I vini di #gulfi dalla Sicilia...
Il territorio in cui lavoriamo vanta da oltre 2000 anni la presenza della vite.
Non abbiamo inventato niente che già non esisteva. Niente che da almeno duemila anni non venisse fatto. Abbiamo solo dovuto adattare al nostro tempo l’operosità dei nostri Padri, la cultura dei nostri Avi. Abbiamo ricevuto in prestito un territorio, che dobbiamo rispettare perché è il nostro futuro e il futuro dei nostri figli. Quello che ci hanno insegnato i nostri Padri dobbiamo trasmetterlo ai nostri figli. Il territorio è il nostro capitale, lasciatoci in prestito, che non dobbiamo consumare, intaccare o peggio distruggere, ma migliorare. Possiamo, dobbiamo goderne solo i frutti, con intelligenza, con rispetto.
Probabilmente tra cento anni i nostri vini rappresenteranno ancora la vera espressione del nostro territorio, come lo sono oggi e come lo sono sempre stati.
Una civiltà che si rispetti, oltre ad un territorio deve avere una cultura che la identifichi, l’accomuni, nel tempo e attraverso i tempi. Un tassello di un mosaico da solo non rappresenta niente. E’ solo nella giusta posizione nel mosaico, insieme a tanti altri tasselli, che può diventare una grande opera d’arte, capace di resistere e valorizzarsi nel tempo.
I nostri vini sono vera espressione del territorio da cui provengono. Non vogliono essere esclusivamente né i vini del produttore né i vini dell’enologo.
La ricerca dell’armonia, dell’equilibrio nel vigneto ed in cantina da parte dell’uomo impone una conoscenza profonda dell’ambiente in cui si opera. Il viticoltore e l’enologo non possono essere due figure separate, stagne, ma entrambe devono essere complementari e far parte del territorio in cui operano, in modo da poter meglio comprendere ed interpretare la vigna, i vitigni, la cultura vitivinicola del territorio. E’ essenziale spendere tanto tempo nella ricerca delle ragioni, del perché in un ambiente si è prodotto un tipo di vino anziché un altro o coltivato da sempre un tipo di vitigno e non altri.
Il nostro lavoro è motivato da forte passione, tramandata da padre in figlio, e condivisione dei valori in cui crediamo.
Bisognerebbe riflettere molto sul fatto che le scelte di oggi avranno effetti futuri. Chi oggi impianta un vigneto deve fare una scelta definitiva: molto probabilmente lascerà la vigna e i vitigni che ha deciso di impiantarvi in eredità ai propri figli, quindi le sue scelte non possono dipendere da “mode commerciali”, da considerazioni superficiali fatte dall’esperto o dal tecnico “di passaggio” nella propria azienda. I suoi sforzi, l’azienda che fonderà, i vigneti che impianterà, dovranno essere in grado di garantire una continuità alla generazione successiva, che sarà quella che appieno usufruirà dei frutti e dell’impegno profuso oggi.
Il nostro intervento in cantina si riduce semplicemente al rispetto di quanto prodotto dalla natura.
Il valore aggiunto che fa del vino un prodotto agricolo diverso rispetto agli altri prodotti della terra è il suo legame culturale con il territorio in cui viene prodotto. E’ per questo che un vino, quando è vera espressione del territorio e della cultura degli uomini che lo producono, non dipende da una sola persona, ma da una civiltà.
Cerasuolo di Vittoria 2012 - 13€
Nero d’Avola Nerojbleo 2009 - 14€
Nero d’Avola Nerobaronj 2009 - 30€
Nero d’Avola Nerobuffaleffj 2008 - 33€
Nero d’Avola Nerosanlorè 2008 - 33€
Nero d’Avola Neromaccarj 2008 - 31€
Nerello Mascalese Reseca 2007 - 29€
#aglianico Ritorna Madonna delle Grazie
I nostri vini vengono preparati e progettati a partire dalle nostre vigne. La qualità di un vino, infatti non si ottiene solo in cantina ma innanzitutto in vigna. Le nostre nuove cantine, ubicate in prossimità del complesso monastico francescano della Madonna delle Grazie (XVI secolo), ci permettono di valorizzare ed esprimere al meglio, con una studiata tecnica enologica, il valore e la qualità delle nostre uve selezionate. La tecnica, maturata nella migliore scuola enologica italiana e francese, si basa su una profonda conoscenza e ricerca scientifica dei sistemi di vinificazione e delle caratteristiche dell’Aglianico del Vulture. Avere a disposizione come materia prima uve di un grande vitigno come l’Aglianico, é un certo vantaggio e garanzia di qualità per i nostri vini. Già insigni personalità come il lucano Michele Carlucci, ed il Prof. Giovanni Dalmasso, maestro dell’enologia e viticoltura Italiana, in un convegno dell’Accademia italiana della Vite e del Vino, tenutosi proprio nell’Abazzia di San Michele in Monticchio nel 1957, hanno dichiarato l’Aglianico del Vulture, come uno tra i migliori vitigni ad attitudine enologica nel panorama ampelografico internazionale, identificando il vino omonimo prodotto nell’area come il Barolo del Sud. Tali considerazioni sono supportate dalle recenti acquisizioni in campo scientifico.Alla nostra gamma vini appartengono al momento quattro tipologie di rosso a denominazione di origine controllata, un rosè 100% Aglianico del Vulture, e un bianco ottenuto da una piccola parcella di Malvasia. Tutti i nostri vini nascono come fiero ed orgoglioso omaggio al nostro lavoro, alla nostra storia e al nostro territorio.
descrizione ampelografica
Si riporta la descrizione elaborata da Michele Carlucci, sommo ampolografo, fondatore della scuola enologica di Avellino, presidente onorario dell’Accademia italiana della vite e del vino. “Il vitigno Aglianico ha i tralci di color nocciola, duri con internodi corti o medi. I germogli sono cotonosi con ricco tomento biancastro sulle foglioline terminali con l’apice del germoglio leggermente sfumato in rosa. Le foglie medie sono pentagonali, ordinariamente trilobate, talvolta quadrilobate con seni laterali mediamente profondi, chiusi o quasi sovente con dente sul fondo. Altre caratteristiche sono il seno peziolare quasi chiuso, i denti larghi ottusi, il picciolo leggermente rosso alla base. I grappoli sono medi (il peso è circa 100 g.), più o meno serrati, conici e piramidali, frequentemente alati; il peduncolo è medio o medio-corto, giallo verdastro a perfetta maturazione, i pedicelli corti e rossi. Gli acini sono medi sferici, la buccia è spessa, coriacea di color violetto carico e pruinosa. La maturazione è piuttosto tardiva nell’area del Vulture, si determina tra il 15 ottobre e il 10 novembre”.
storia dell'aglianico del vulture
L’Aglianico, secondo le tesi più accreditate sarebbe stato introdotto in Italia dai coloni greci della Calcide ( eubea) ( oggi negroponte) all’epoca della fondazione di Cuma ( 750 a. C.). Ma alcune recenti teorie in corso di definizione, ipotizzano la coltivazione della vite e la presenza del vitigno ancestrale nell’antica Lucania anteriori all’arrivo dei coloni greci. Anche l’origine etimologica del suo nome è incerta. L’appellativo ancestrale sarebbe stato secondo alcuni Eleanico, dal nome dell’antica città di Elea, sulla spiaggia lucana del Tirreno. Secondo i più il suo nome iniziale era Ellhnika. La corruzione linguistica di questo in Ellanica , Ellenico (sinonimie riportate nella letteratura ampelografica) quindi in Aglianico si è completata alla fine del XV secolo, al tempo del dominazione aragonese nel regno di Napoli. Infatti la doppia L in spagnolo ha lo stesso suono del gruppo GL. Se il Barolo è stato definito come il vino dei re, l’Aglianico nella sua più lunga storia non gli è stato certamente da meno stato costantemente presente sulle mense di sovrani e condottieri. Innanzitutto l’Aglianico rientrava nell’uvaggio del Falerno, il più celebrato vino dell’Impero Romano. Lo hanno quindi bevuto imperatori tra cui sicuramente sicuramente Augusto, i cui momenti di convivio, sono stati magnificati dai versi Quinto Orazio Flacco, poeta maximus, dell’impero ma anche noto come poeta del carpe diem e del vino. Oriundo della stessa capitale dell’Aglianico del Vulture Venusia, splendida civitas ricca di vigneti, più di ogni altro ha tratto dalla vite e dal vino forza ispiratrice generando i più grandi capolavori della poesia mondiale di tutti i tempi, che hanno contribuito a creare quel profondo legame e tra cultura e vino, che distingue lo stesso vino dalle altre comuni bevande alcoliche. Nel basso Medioevo gli esarchi bizantini inviavano ai Basilei di Bisanti, signori della Basilicata fino all’anno 1000, li potente vino del Vulture. Il Normanno Roberto d’Altavilla, detto il Guiscardo, divenut dopo il fratello Drogone feudatario di Venosa, ne era grande estimatore. Il grande imperatore Federico II di Svevia, amante della poesia musica e caccia lo amava bere abbinandolo sugli arrosti di cacciagione nei castelli di Melfi e Lagopesole e Monteserico, con il cancelliere Pier delle Vigne e i suoi cavalieri. Carlo d’Angiò raccomandava ai feudatari suoi vassalli del Vulture di inviargli ogni anno 400 somme del buon vino Aglianico. Il coppiere Sante lancierio riferisce come l’aglianico sia stato uno dei preferiti vini di paolo III Farnese. Fra gli apologeti degustatori di questo vino ci fu Ferdinando IV di Borbone penultimo re delle Due Sicilie, che venuto in visita ufficiale in Basilicata, si trattenne più a lungo soggiogato dal bellissimo paesaggio e dalla bontà del vino.
Clicca sulle bottiglie per visualizzare le schede tecniche dei vini.
Aglianico del Vulture “Messeroto” 2008 14 %vol. 8.00€
Aglianico del Vulture "Liscone" 2009 14 %vol. 9.00€
Aglianico del Vulture "Bauccio" 2006 14,5 %vol. 16.00€
Aglianico del Vulture Riserva “Drogone” 2004 14,5 %vol. 26.00€
Gulfi, grandi vini Siciliani...
Il territorio in cui lavoriamo vanta da oltre 2000 anni la presenza della vite.
Non abbiamo inventato niente che già non esisteva. Niente che da almeno duemila anni non venisse fatto. Abbiamo solo dovuto adattare al nostro tempo l’operosità dei nostri Padri, la cultura dei nostri Avi. Abbiamo ricevuto in prestito un territorio, che dobbiamo rispettare perché è il nostro futuro e il futuro dei nostri figli. Quello che ci hanno insegnato i nostri Padri dobbiamo trasmetterlo ai nostri figli. Il territorio è il nostro capitale, lasciatoci in prestito, che non dobbiamo consumare, intaccare o peggio distruggere, ma migliorare. Possiamo, dobbiamo goderne solo i frutti, con intelligenza, con rispetto.
Probabilmente tra cento anni i nostri vini rappresenteranno ancora la vera espressione del nostro territorio, come lo sono oggi e come lo sono sempre stati.
Una civiltà che si rispetti, oltre ad un territorio deve avere una cultura che la identifichi, l’accomuni, nel tempo e attraverso i tempi. Un tassello di un mosaico da solo non rappresenta niente. E’ solo nella giusta posizione nel mosaico, insieme a tanti altri tasselli, che può diventare una grande opera d’arte, capace di resistere e valorizzarsi nel tempo.
I nostri vini sono vera espressione del territorio da cui provengono. Non vogliono essere esclusivamente né i vini del produttore né i vini dell’enologo.
La ricerca dell’armonia, dell’equilibrio nel vigneto ed in cantina da parte dell’uomo impone una conoscenza profonda dell’ambiente in cui si opera. Il viticoltore e l’enologo non possono essere due figure separate, stagne, ma entrambe devono essere complementari e far parte del territorio in cui operano, in modo da poter meglio comprendere ed interpretare la vigna, i vitigni, la cultura vitivinicola del territorio. E’ essenziale spendere tanto tempo nella ricerca delle ragioni, del perché in un ambiente si è prodotto un tipo di vino anziché un altro o coltivato da sempre un tipo di vitigno e non altri.
Il nostro lavoro è motivato da forte passione, tramandata da padre in figlio, e condivisione dei valori in cui crediamo.
Bisognerebbe riflettere molto sul fatto che le scelte di oggi avranno effetti futuri. Chi oggi impianta un vigneto deve fare una scelta definitiva: molto probabilmente lascerà la vigna e i vitigni che ha deciso di impiantarvi in eredità ai propri figli, quindi le sue scelte non possono dipendere da “mode commerciali”, da considerazioni superficiali fatte dall’esperto o dal tecnico “di passaggio” nella propria azienda. I suoi sforzi, l’azienda che fonderà, i vigneti che impianterà, dovranno essere in grado di garantire una continuità alla generazione successiva, che sarà quella che appieno usufruirà dei frutti e dell’impegno profuso oggi.
Il nostro intervento in cantina si riduce semplicemente al rispetto di quanto prodotto dalla natura.
Il valore aggiunto che fa del vino un prodotto agricolo diverso rispetto agli altri prodotti della terra è il suo legame culturale con il territorio in cui viene prodotto. E’ per questo che un vino, quando è vera espressione del territorio e della cultura degli uomini che lo producono, non dipende da una sola persona, ma da una civiltà.
Caricante 2010 - 19€
Cerasuolo di Vittoria 2011 - 13€
Nero d’Avola Nerojbleo 2009 - 14€
Nero d’Avola Nerobaronj 2008 - 30€
Nero d’Avola Nerobuffaleffj 2008 - 33€
Nero d’Avola Nerosanlorè 2008 - 33€
Nero d’Avola Neromaccarj 2008 - 31€
Nerello Mascalese Reseca 2007 - 29€
Abraxas da Pantelleria...
L’azienda vinicola Abraxas è situata nell’isola di Pantelleria, nel cuore del Mar Mediterraneo.
Un angolo di paradiso unico al mondo per il mare cristallino, la montagna verdeggiante, il lago pieno di mistero, il clima imprevedibile, i profumi del cibo, il tutto contornato da una magica atmosfera. Ma Pantelleria, è rinomata anche per la produzione del Moscato Passito, un vino dolce a denominazione di origine controllata dai profumi intensi e inebrianti, prodotto con uve appassite secondo un complesso procedimento in cui il sole, il terroir e il vitigno si integrano armoniosamente. L’azienda è stata fondata nel 1999, quando Calogero Mannino, già Ministro per l’agricoltura, ha deciso di affrontare un’avventura e una sfida: produrre vini che ripetessero tutta la magia di Pantelleria. La realizzazione di questo sogno si chiama abraxas. Oggi l’azienda copre 26 h. di terreno vitato, con una produzione di 80.000 bottiglie di vini di fascia alta, particolarmente apprezzati nei ristoranti d’elite e dai veri appassionati di vino. tale qualità e apprezzamento sono, anche, suggellati dai numerosi riconoscimenti conseguiti in occasione dei migliori Concorsi enologici internazionali.
Abraxas Passito “2007” 50 cl. 15%vol. 30.00€
È un vino dolce che si ricava dalle uve zibibbo (moscato) appassite naturalmente al sole di Pantelleria. La sua lavorazione preserva tutti i profumi e gli aromi di un uva che matura al suolo lentamente.
Scirafi Passito “2007” 50 cl. 14,5%vol. 19.00€
È il fratello cadetto del passito maggiore Abraxas. Questi è il risultato del primo fiore. Ma la riccxa potenzialità delle uve passe, già pressaste una prima volta, consente, adeguatamente integrate da altre uve di elaborare un passito uguale e diverso. Uguale per le caratterisrtiche di fondo, ma diverso. come indica il paradigma analitico. È un passito pieno di brio, si potrebbe dire giovane., o giovanile. Questo è infatti un possibile consumatore da raggiungere nell'evoluzione del suo gusto. La linea che SCIRAFI continua è quellla del pasito dal profumo distinto, dal sapore raffinato che nella costanza della tradizione la rinnova.
Nuove annate... Marco De Bartoli
MARCO DE BARTOLI
È in Sicilia, nella zona occidentale dell’isola, nel marsalese, che Marco De Bartoli, credendo fortemente nelle tradizioni della viticoltura del suo territorio, si avvia a riscoprire e coltivare uno stretto legame tra i metodi tradizionali e innovativi di lavorazione della terra e di produzione del vino.
Ed è proprio la ricerca di un’eccellente qualità, coniugata al rispetto delle tradizioni vinicole siciliane che fanno prediligere a Marco De Bartoli l’utilizzo di vitigni autoctoni ed in particolare il Grillo, presente in Sicilia dall’epoca fenicia e base del classico Marsala, e lo Zibibbo, da cui si ricava il celebre moscato passito di Pantelleria. Nascono così i vini di Marco De Bartoli, il primo dei quali è il “Vecchio Samperi”, in onore alle terre che ospitano l’azienda, un vino ottenuto con l’antico metodo Soleras che, attraverso una sequenza di passaggi di piccole percentuali di vino più giovane in fusti che contengono vini più vecchi, permette di creare un’armoniosa mescolanza di annate diverse, dal gusto unico e inimitabile.
Nel 1982 è imbottigliato il “Vigna La Miccia”, Marsala tipo Oro, più gentile perché vinificato a freddo, dagli intensi profumi primari delle uve Grillo e Inzolia.
Sulla scia del “Vecchio Samperi” nel 1983 nasce il “Marsala Superiore”, un vino invecchiato nel rispetto dei tempi ciclici della natura in botti di rovere ma reso amabile dalla mistella, base alcolica d’antica ricetta, ottenuta dalla miscela del mosto d’uve Inzolia e acqua vite. L’appassionato lavoro di ricerca di Marco De Bartoli continua e negli ultimi anni si è determinata la produzione di vini d’annata, soprattutto monovarietali autoctoni e rossi di carattere internazionale.
GRAPPOLI DEL GRILLO - GRILLO 2010 - 13,5%vol. - 21.00€
PIETRA NERA - ZIBIBBO VINIFICATO IN SECCO 2011 - 11,5%vol. - 20.00€
MARSALA VIGNA LA MICCIA 10 ANNI - 18,5%vol. - 24.00€
MARSALA SUPERIORE 10 ANNI - 18,5%vol. - 36.00€
6 Mura dalla Sardegna...
L’instancabile ricerca, la voluttà del miglioramento continuo –quell’oscillare tra rottura e ricostruzione- rendono questo vino emblema delle cose in divenire, oggetto che diventa progetto, specie quando il desiderio di farne un prodotto dalle doti singolari, ne fa un bene, un’eredità culturale.
Ed è a questo punto che 6MURA assume la sua connotazione più profonda, in cui il laborioso incedere progettuale che lo contraddistingue lo consegna, infine, ad un demanio creativo più che produttivo: romantico, come l’ardimento che accomuna i suoi padri, 6MURA si mescola con l’arte e per volontà dell’arte diventa opera; come nella creazione di una Cantina che non sarà solo sede di produzione quanto, piuttosto, spazio espositivo e fucina di eventi culturali, punto di fusione tra quella dimensione artistica tanto cara ai cinque protagonisti –non dimentichiamo l’amore per il collezionismo che li lega da almeno un ventennio- ed un senso di appartenenza e di radicamento atavici.
Si tratta di un’operazione meta-culturale di incredibile impatto, volta ad appropriarsi con rispetto ed intelligenza del territorio e a restituirne le caratteristiche migliori per mezzo di un’apertura alla conoscenza e condivisione delle cose belle che si mescolano con la tradizione.
Il profilo semplice ma al tempo stesso tanto stratificato di questo vino, si accompagna al sostegno e alla consapevolezza di un ente nato in territorio piemontese ma il cui sguardo è sempre rivolto alla Sardegna; il Fondo Giov-Anna Piras (Asti), rappresenta infatti il punto di riferimento estetico per gli esiti artistico-culturali perseguiti da questa originale etichetta.
Vermentino di Sardegna “Giba” 13%vol. 2010 - 10€
Vermentino di Sardegna “Selezione 6 Mura” 13%vol. 2010 - 16€
Carignano del Sulcis “Giba” 13,5%vol. 2010 - 11€
Carignano del Sulcis “Vecchie Vigne” 14%vol. 2008 - 21€
6MURA nasce dalle terre del Carignano, le sabbiose colline che si estendono dal litorale di Porto Pino, fino a Calasetta, passando per Giba e Sant’Antioco; il nome è l’assioma di “Su de Is Muras”, area protetta dell’iglesiente che si raccoglie attorno a Giba.
La forte aderenza alle caratteristiche del territorio, vuole che 6MURA sia il più possibile espressione dell’interazione tra terreno e vitigno: nasce un vino con una forte connotazione, lontano dal gusto internazionale, piuttosto, visionaria espressione del Sulcis, di cui conserva, in un bouquet raffinato e al contempo avvolgente, il profumo dei venti salmastri che si alternano alla durezza del maestrale, la sapidità del sale ammorbidita dalla dolcezza/rotondità della macchia mediterranea…
Dal punto di vista tecnico, le vecchie vigne (tra i 50 e i 100 anni) di Carignano del Sulcis conservano la tradizionale coltivazione ad alberello a piede franco; le caratteristiche del rosso sono esaltate da lunghe macerazioni sulle bucce e da un affinamento in botti di rovere da 750 e 2000 lt per un periodo di circa 12 mesi.
Mentre nel bianco la forte identità del Sulcis si schiude grazie a lunghe permanenze sui lieviti.
Da Manduria… Pirro Varone!
Il Librone Magno delle famiglie di Manduria riporta il nome di Pirro Varone, figlio di Giovan Battista, nobiluomo ebreo convertito al cattolicesimo, la storia ne tramanda le umane virtù di benefattore, magnanimo dispensatore di offerte alla Chiesa Matrice e ad altre chiese dell'antico borgo, sino alla fine della sua vita, allorchè, con testamento del 24 febbraio 1587, egli lasciò erede del suo patrimonio il Venerabile Monte di Pietà.
La generosità di Pirro Varone è la stessa di una terra che, ancora oggi, riverbera gli innati aneliti gentili nel suo vino.
Posta nel versante sud orientale della provincia di Taranto, nel cuore dell'areale del Primitivo, Manduria è luogo del vino per eccellenza e i suoi nettari sono rinomati in tutto il mondo, grazie a caratteristiche organolettiche che li rendono unici, così come i vini dell'azienda Pirro Varone, che nascono dai 15 ettari vitati di contrada Surani, zona particolarmente votata dell'agro manduriano.In quei campi, ai tradizionali vitigni primitivo, negramaro e malvasia si unisce la riscoperta del Fiano Minutolo (antico vitigno pugliese la cui coltivazione risale all'epoca romana), a comporre il primo tassello di una filiera completa, che dalla campagna alla bottiglia esprime un'unica costante: la qualità.
La stessa qualità dei vigneti Pirro Varone che ne abbassa la resa media rigorosamente a non più di 70 q.li/ha. Quasi come fosse tutto una cura materna, che trova lo slancio più forte nell'impareggiabile contatto fisico della vendemmia: grappoli spargoli, accarezzati al taglio e riposti come in una culla.
Primitivo di Manduria - 15%vol. - 13.00€
Vitigno: Primitivo 100%
Zona di produzione: Limitata nel comprensorio di Manduria località Sorani
Tipologia del terreno: Terra nera mista con strati tufacei di media consistenza
Sistema di allevamento: Alberello appoggiato
Sesto di impianto: Mt.1.90 x 1.20
Età media vigneto: 30 anni circa
Resa media x ettaro: 60/70 quintali di uva
Epoca di raccolta: Prima decade di settembre
Tipologia di raccolta: Manuale
Grado alcolico: 15% vol.
Colore: Rosso rubino con riflessi granato
Profumo: Confettura di mirtilli, tamarindo, note balsamiche
Sapore: Elegante, vellutato, armonico
Temperatura di servizio: 15°-18° c
Abbinamento consigliato: lasagne, carni rosse
Negramaro - 13.5%vol. - 10.00€
Vitigno: negramaro 100%
Zona di produzione: limitata nel comprensorio di Manduria località sorani
Tipologia del terreno: terra nera profonda, poggiata su strati di roccia tufacea
Sistema di allevamento: pergola, tendone
Sesto di impianto: mt. 2.00 x 2.00
Età media vigneto: 30 anni
Resa media x ettaro: 80/90 quintali di uva
Epoca di raccolta: ultima decade di settembre
Tipologia di raccolta: manuale
Grado alcolico: 13% vol.
Colore: rosso rubino con riflessi violacei
Profumo: more, marasca, piccoli frutti di sottobosco, speziato
Sapore: armonioso, speziato, lievemente tannico
Temperatura di servizio: 18°-20° c
Abbinamento consigliato: lasagnetta al ragout o stinco di maiale con gelatina alle more
Grisola - 13%vol. - 11.00€
Vitigno: Grisola 100%
Zona di produzione: limitata nel comprensorio di Manduria, località Sorani
Tipologia del terreno: terra nera profonda poggiata su strati di roccia tufacea
Sistema di allevamento: spalliera – cordone speronato
Sesto di impianto: mt. 2.00 x 1.00
Età media vigneto: 8 anni
Resa media x ettaro: 80/90 quintali di uva
Epoca di raccolta: ultima decade di settembre
Tipologia di raccolta: manuale Grado alcolico: 13.5% vol.
Colore: rosso rubino con riflessi violacei
Profumo: more, lamponi, ciliegia con sentori di viola e note speziate
Sapore: lievemente tannico, armonioso, speziato.
Temperatura di servizio: 18°-20° C
Abbinamento consigliato: carrello di bolliti con salse; formaggi di fossa
Dal Vulture… Madonna delle Grazie
I nostri vini vengono preparati e progettati a partire dalle nostre vigne. La qualità di un vino, infatti non si ottiene solo in cantina ma innanzitutto in vigna. Le nostre nuove cantine, ubicate in prossimità del complesso monastico francescano della Madonna delle Grazie (XVI secolo), ci permettono di valorizzare ed esprimere al meglio, con una studiata tecnica enologica, il valore e la qualità delle nostre uve selezionate. La tecnica, maturata nella migliore scuola enologica italiana e francese, si basa su una profonda conoscenza e ricerca scientifica dei sistemi di vinificazione e delle caratteristiche dell’Aglianico del Vulture. Avere a disposizione come materia prima uve di un grande vitigno come l’Aglianico, é un certo vantaggio e garanzia di qualità per i nostri vini. Già insigni personalità come il lucano Michele Carlucci, ed il Prof. Giovanni Dalmasso, maestro dell’enologia e viticoltura Italiana, in un convegno dell’Accademia italiana della Vite e del Vino, tenutosi proprio nell’Abazzia di San Michele in Monticchio nel 1957, hanno dichiarato l’Aglianico del Vulture, come uno tra i migliori vitigni ad attitudine enologica nel panorama ampelografico internazionale, identificando il vino omonimo prodotto nell’area come il Barolo del Sud. Tali considerazioni sono supportate dalle recenti acquisizioni in campo scientifico.Alla nostra gamma vini appartengono al momento quattro tipologie di rosso a denominazione di origine controllata, un rosè 100% Aglianico del Vulture, e un bianco ottenuto da una piccola parcella di Malvasia. Tutti i nostri vini nascono come fiero ed orgoglioso omaggio al nostro lavoro, alla nostra storia e al nostro territorio.
descrizione ampelografica
Si riporta la descrizione elaborata da Michele Carlucci, sommo ampolografo, fondatore della scuola enologica di Avellino, presidente onorario dell’Accademia italiana della vite e del vino. “Il vitigno Aglianico ha i tralci di color nocciola, duri con internodi corti o medi. I germogli sono cotonosi con ricco tomento biancastro sulle foglioline terminali con l’apice del germoglio leggermente sfumato in rosa. Le foglie medie sono pentagonali, ordinariamente trilobate, talvolta quadrilobate con seni laterali mediamente profondi, chiusi o quasi sovente con dente sul fondo. Altre caratteristiche sono il seno peziolare quasi chiuso, i denti larghi ottusi, il picciolo leggermente rosso alla base. I grappoli sono medi (il peso è circa 100 g.), più o meno serrati, conici e piramidali, frequentemente alati; il peduncolo è medio o medio-corto, giallo verdastro a perfetta maturazione, i pedicelli corti e rossi. Gli acini sono medi sferici, la buccia è spessa, coriacea di color violetto carico e pruinosa. La maturazione è piuttosto tardiva nell’area del Vulture, si determina tra il 15 ottobre e il 10 novembre”.
storia dell'aglianico del vulture
L’Aglianico, secondo le tesi più accreditate sarebbe stato introdotto in Italia dai coloni greci della Calcide ( eubea) ( oggi negroponte) all’epoca della fondazione di Cuma ( 750 a. C.). Ma alcune recenti teorie in corso di definizione, ipotizzano la coltivazione della vite e la presenza del vitigno ancestrale nell’antica Lucania anteriori all’arrivo dei coloni greci. Anche l’origine etimologica del suo nome è incerta. L’appellativo ancestrale sarebbe stato secondo alcuni Eleanico, dal nome dell’antica città di Elea, sulla spiaggia lucana del Tirreno. Secondo i più il suo nome iniziale era Ellhnika. La corruzione linguistica di questo in Ellanica , Ellenico (sinonimie riportate nella letteratura ampelografica) quindi in Aglianico si è completata alla fine del XV secolo, al tempo del dominazione aragonese nel regno di Napoli. Infatti la doppia L in spagnolo ha lo stesso suono del gruppo GL. Se il Barolo è stato definito come il vino dei re, l’Aglianico nella sua più lunga storia non gli è stato certamente da meno stato costantemente presente sulle mense di sovrani e condottieri. Innanzitutto l’Aglianico rientrava nell’uvaggio del Falerno, il più celebrato vino dell’Impero Romano. Lo hanno quindi bevuto imperatori tra cui sicuramente sicuramente Augusto, i cui momenti di convivio, sono stati magnificati dai versi Quinto Orazio Flacco, poeta maximus, dell’impero ma anche noto come poeta del carpe diem e del vino. Oriundo della stessa capitale dell’Aglianico del Vulture Venusia, splendida civitas ricca di vigneti, più di ogni altro ha tratto dalla vite e dal vino forza ispiratrice generando i più grandi capolavori della poesia mondiale di tutti i tempi, che hanno contribuito a creare quel profondo legame e tra cultura e vino, che distingue lo stesso vino dalle altre comuni bevande alcoliche. Nel basso Medioevo gli esarchi bizantini inviavano ai Basilei di Bisanti, signori della Basilicata fino all’anno 1000, li potente vino del Vulture. Il Normanno Roberto d’Altavilla, detto il Guiscardo, divenut dopo il fratello Drogone feudatario di Venosa, ne era grande estimatore. Il grande imperatore Federico II di Svevia, amante della poesia musica e caccia lo amava bere abbinandolo sugli arrosti di cacciagione nei castelli di Melfi e Lagopesole e Monteserico, con il cancelliere Pier delle Vigne e i suoi cavalieri. Carlo d’Angiò raccomandava ai feudatari suoi vassalli del Vulture di inviargli ogni anno 400 somme del buon vino Aglianico. Il coppiere Sante lancierio riferisce come l’aglianico sia stato uno dei preferiti vini di paolo III Farnese. Fra gli apologeti degustatori di questo vino ci fu Ferdinando IV di Borbone penultimo re delle Due Sicilie, che venuto in visita ufficiale in Basilicata, si trattenne più a lungo soggiogato dal bellissimo paesaggio e dalla bontà del vino.
Clicca sulle bottiglie per visualizzare le schede tecniche dei vini.
Aglianico del Vulture “Messeroto” 2008 14 %vol. 8.00€
Aglianico del Vulture "Liscone" 2009 14 %vol. 9.00€
Aglianico del Vulture "Bauccio" 2007 14,5 %vol. 14.00€
Aglianico del Vulture Riserva “Drogone” 2004 14,5 %vol. 26.00€
Gulfi dalla Sicilia...
Il territorio in cui lavoriamo vanta da oltre 2000 anni la presenza della vite.
Non abbiamo inventato niente che già non esisteva. Niente che da almeno duemila anni non venisse fatto. Abbiamo solo dovuto adattare al nostro tempo l’operosità dei nostri Padri, la cultura dei nostri Avi. Abbiamo ricevuto in prestito un territorio, che dobbiamo rispettare perché è il nostro futuro e il futuro dei nostri figli. Quello che ci hanno insegnato i nostri Padri dobbiamo trasmetterlo ai nostri figli. Il territorio è il nostro capitale, lasciatoci in prestito, che non dobbiamo consumare, intaccare o peggio distruggere, ma migliorare. Possiamo, dobbiamo goderne solo i frutti, con intelligenza, con rispetto.
Probabilmente tra cento anni i nostri vini rappresenteranno ancora la vera espressione del nostro territorio, come lo sono oggi e come lo sono sempre stati.
Una civiltà che si rispetti, oltre ad un territorio deve avere una cultura che la identifichi, l’accomuni, nel tempo e attraverso i tempi. Un tassello di un mosaico da solo non rappresenta niente. E’ solo nella giusta posizione nel mosaico, insieme a tanti altri tasselli, che può diventare una grande opera d’arte, capace di resistere e valorizzarsi nel tempo.
I nostri vini sono vera espressione del territorio da cui provengono. Non vogliono essere esclusivamente né i vini del produttore né i vini dell’enologo.
La ricerca dell’armonia, dell’equilibrio nel vigneto ed in cantina da parte dell’uomo impone una conoscenza profonda dell’ambiente in cui si opera. Il viticoltore e l’enologo non possono essere due figure separate, stagne, ma entrambe devono essere complementari e far parte del territorio in cui operano, in modo da poter meglio comprendere ed interpretare la vigna, i vitigni, la cultura vitivinicola del territorio. E’ essenziale spendere tanto tempo nella ricerca delle ragioni, del perché in un ambiente si è prodotto un tipo di vino anziché un altro o coltivato da sempre un tipo di vitigno e non altri.
Il nostro lavoro è motivato da forte passione, tramandata da padre in figlio, e condivisione dei valori in cui crediamo.
Bisognerebbe riflettere molto sul fatto che le scelte di oggi avranno effetti futuri. Chi oggi impianta un vigneto deve fare una scelta definitiva: molto probabilmente lascerà la vigna e i vitigni che ha deciso di impiantarvi in eredità ai propri figli, quindi le sue scelte non possono dipendere da “mode commerciali”, da considerazioni superficiali fatte dall’esperto o dal tecnico “di passaggio” nella propria azienda. I suoi sforzi, l’azienda che fonderà, i vigneti che impianterà, dovranno essere in grado di garantire una continuità alla generazione successiva, che sarà quella che appieno usufruirà dei frutti e dell’impegno profuso oggi.
Il nostro intervento in cantina si riduce semplicemente al rispetto di quanto prodotto dalla natura.
Il valore aggiunto che fa del vino un prodotto agricolo diverso rispetto agli altri prodotti della terra è il suo legame culturale con il territorio in cui viene prodotto. E’ per questo che un vino, quando è vera espressione del territorio e della cultura degli uomini che lo producono, non dipende da una sola persona, ma da una civiltà.
Caricante 2009 - 18€
Caricante Magnum 2009 - 40€
Cerasuolo di Vittoria 2011 - 13€
Nero d’Avola Nerojbleo 2008 - 14€
Nero d’Avola Nerobaronj 2007 - 30€
Nero d’Avola Nerobuffaleffj 2007 - 30€
Nero d’Avola Nerosanlorè 2007 - 33€
Nero d’Avola Neromaccarj 2007 - 31€
Nerello Mascalese Reseca 2006 - 28€
Abraxas da Pantelleria...
L’azienda vinicola Abraxas è situata nell’isola di Pantelleria, nel cuore del Mar Mediterraneo.
Un angolo di paradiso unico al mondo per il mare cristallino, la montagna verdeggiante, il lago pieno di mistero, il clima imprevedibile, i profumi del cibo, il tutto contornato da una magica atmosfera. Ma Pantelleria, è rinomata anche per la produzione del Moscato Passito, un vino dolce a denominazione di origine controllata dai profumi intensi e inebrianti, prodotto con uve appassite secondo un complesso procedimento in cui il sole, il terroir e il vitigno si integrano armoniosamente. L’azienda è stata fondata nel 1999, quando Calogero Mannino, già Ministro per l’agricoltura, ha deciso di affrontare un’avventura e una sfida: produrre vini che ripetessero tutta la magia di Pantelleria. La realizzazione di questo sogno si chiama abraxas. Oggi l’azienda copre 26 h. di terreno vitato, con una produzione di 80.000 bottiglie di vini di fascia alta, particolarmente apprezzati nei ristoranti d’elite e dai veri appassionati di vino. tale qualità e apprezzamento sono, anche, suggellati dai numerosi riconoscimenti conseguiti in occasione dei migliori Concorsi enologici internazionali.
Abraxas Passito 50 cl. 15%vol. 30.00€
È un vino dolce che si ricava dalle uve zibibbo (moscato) appassite naturalmente al sole di Pantelleria. La sua lavorazione preserva tutti i profumi e gli aromi di un uva che matura al suolo lentamente.
Scirafi Passito 50 cl. 14,5%vol. 19.00€
È il fratello cadetto del passito maggiore Abraxas. Questi è il risultato del primo fiore. Ma la riccxa potenzialità delle uve passe, già pressaste una prima volta, consente, adeguatamente integrate da altre uve di elaborare un passito uguale e diverso. Uguale per le caratterisrtiche di fondo, ma diverso. come indica il paradigma analitico. È un passito pieno di brio, si potrebbe dire giovane., o giovanile. Questo è infatti un possibile consumatore da raggiungere nell'evoluzione del suo gusto. La linea che SCIRAFI continua è quellla del pasito dal profumo distinto, dal sapore raffinato che nella costanza della tradizione la rinnova.
Dal Sulcis... Vermentino & Carignano
L’instancabile ricerca, la voluttà del miglioramento continuo –quell’oscillare tra rottura e ricostruzione- rendono questo vino emblema delle cose in divenire, oggetto che diventa progetto, specie quando il desiderio di farne un prodotto dalle doti singolari, ne fa un bene, un’eredità culturale.
Ed è a questo punto che 6MURA assume la sua connotazione più profonda, in cui il laborioso incedere progettuale che lo contraddistingue lo consegna, infine, ad un demanio creativo più che produttivo: romantico, come l’ardimento che accomuna i suoi padri, 6MURA si mescola con l’arte e per volontà dell’arte diventa opera; come nella creazione di una Cantina che non sarà solo sede di produzione quanto, piuttosto, spazio espositivo e fucina di eventi culturali, punto di fusione tra quella dimensione artistica tanto cara ai cinque protagonisti –non dimentichiamo l’amore per il collezionismo che li lega da almeno un ventennio- ed un senso di appartenenza e di radicamento atavici.
Si tratta di un’operazione meta-culturale di incredibile impatto, volta ad appropriarsi con rispetto ed intelligenza del territorio e a restituirne le caratteristiche migliori per mezzo di un’apertura alla conoscenza e condivisione delle cose belle che si mescolano con la tradizione.
Il profilo semplice ma al tempo stesso tanto stratificato di questo vino, si accompagna al sostegno e alla consapevolezza di un ente nato in territorio piemontese ma il cui sguardo è sempre rivolto alla Sardegna; il Fondo Giov-Anna Piras (Asti), rappresenta infatti il punto di riferimento estetico per gli esiti artistico-culturali perseguiti da questa originale etichetta.
Vermentino di Sardegna “Giba” 13%vol. 2010 - 10€
Vermentino di Sardegna “Selezione 6 Mura” 13%vol. 2010 - 16€
Carignano del Sulcis “Giba” 13,5%vol. 2009 - 11€
Carignano del Sulcis “Vecchie Vigne” 14%vol. 2008 - 21€
6MURA nasce dalle terre del Carignano, le sabbiose colline che si estendono dal litorale di Porto Pino, fino a Calasetta, passando per Giba e Sant’Antioco; il nome è l’assioma di “Su de Is Muras”, area protetta dell’iglesiente che si raccoglie attorno a Giba.
La forte aderenza alle caratteristiche del territorio, vuole che 6MURA sia il più possibile espressione dell’interazione tra terreno e vitigno: nasce un vino con una forte connotazione, lontano dal gusto internazionale, piuttosto, visionaria espressione del Sulcis, di cui conserva, in un bouquet raffinato e al contempo avvolgente, il profumo dei venti salmastri che si alternano alla durezza del maestrale, la sapidità del sale ammorbidita dalla dolcezza/rotondità della macchia mediterranea…
Dal punto di vista tecnico, le vecchie vigne (tra i 50 e i 100 anni) di Carignano del Sulcis conservano la tradizionale coltivazione ad alberello a piede franco; le caratteristiche del rosso sono esaltate da lunghe macerazioni sulle bucce e da un affinamento in botti di rovere da 750 e 2000 lt per un periodo di circa 12 mesi.
Mentre nel bianco la forte identità del Sulcis si schiude grazie a lunghe permanenze sui lieviti.
Nuovi Bianchi Campani...
Cantine Antonio Caggiano
Fiano di Avellino 2011 - 13,5% vol. - 12.00€
Uvaggio |
Greco di Tufo 2011 - 13,5% vol. - 12.00€
Uvaggio
Greco di Tufo 100%
Zona di produzione
Terreni ricadenti nell'area di produzione D.O.C.G. Greco di Tufo Comune di Tufo
Esposizione ed Altimetria
Terreni collinari a 500 metri s.l.m. Esposizione sud-ovest
Tipologia di Terreno
Argilloso calcareo
Sistema di allevamento
Cordone speronato
Densità dell'impianto
3500 viti per ettaro
Resa per ettaro al rapporto in uva
65 ql./ettaro con kg. 1,85 per pianta
Epoca di vendemmia
Terza decade di ottobre. Raccolta manuale
Tipo di vinificazione
Le uve raccolte al momento della loro completa maturazione, vengono pressate e il mosto fermentato in serbatoi di acciaio inox a basse temperature, per periodo di 2 mesi.
Caratteristiche Organolettiche
Colore giallo brillante con aromi di frutta esotica, fiori di pesco, fiori di mandorlo.
Falanghina 2011 - 13,5% vol. - 10.00€
Uvaggio
Falanghina 100%
Zona di produzione
Terreni ricadenti nell'area di produzione D.O.C. Falanghina del comune di Torrecuso
Esposizione ed Altimetria
Terreni collinari a 300 metri s.l.m. Esposizione sud-ovest
Tipologia di Terreno
Argilloso calcareo
Sistema di allevamento
Cordone speronato
Densità dell'impianto
3500 viti per ettaro
Resa per ettaro al rapporto in uva
80 ql./ettaro con kg. 2,20 per pianta
Epoca di vendemmia
Seconda decade di ottobre. Raccolta manuale
Tipo di vinificazione
Le uve raccolte al momento della loro completa maturazione, vengono pressate e il mosto fermentato in serbatoi di acciaio a basse temperature.
Segue un affinamento in bottiglia per un periodo di tre mesi.
Caratteristiche Organolettiche
Colore giallo paglierino intenso.
Con un aroma tipico di frutta fresca che ricorda l’ananas, la mela e la banana.
Il gusto è pieno, armonico e molto persistente.
L' Aglianico del Vulture...
I nostri vini vengono preparati e progettati a partire dalle nostre vigne. La qualità di un vino, infatti non si ottiene solo in cantina ma innanzitutto in vigna. Le nostre nuove cantine, ubicate in prossimità del complesso monastico francescano della Madonna delle Grazie (XVI secolo), ci permettono di valorizzare ed esprimere al meglio, con una studiata tecnica enologica, il valore e la qualità delle nostre uve selezionate. La tecnica, maturata nella migliore scuola enologica italiana e francese, si basa su una profonda conoscenza e ricerca scientifica dei sistemi di vinificazione e delle caratteristiche dell’Aglianico del Vulture. Avere a disposizione come materia prima uve di un grande vitigno come l’Aglianico, é un certo vantaggio e garanzia di qualità per i nostri vini. Già insigni personalità come il lucano Michele Carlucci, ed il Prof. Giovanni Dalmasso, maestro dell’enologia e viticoltura Italiana, in un convegno dell’Accademia italiana della Vite e del Vino, tenutosi proprio nell’Abazzia di San Michele in Monticchio nel 1957, hanno dichiarato l’Aglianico del Vulture, come uno tra i migliori vitigni ad attitudine enologica nel panorama ampelografico internazionale, identificando il vino omonimo prodotto nell’area come il Barolo del Sud. Tali considerazioni sono supportate dalle recenti acquisizioni in campo scientifico.Alla nostra gamma vini appartengono al momento quattro tipologie di rosso a denominazione di origine controllata, un rosè 100% Aglianico del Vulture, e un bianco ottenuto da una piccola parcella di Malvasia. Tutti i nostri vini nascono come fiero ed orgoglioso omaggio al nostro lavoro, alla nostra storia e al nostro territorio.
descrizione ampelografica
Si riporta la descrizione elaborata da Michele Carlucci, sommo ampolografo, fondatore della scuola enologica di Avellino, presidente onorario dell’Accademia italiana della vite e del vino. “Il vitigno Aglianico ha i tralci di color nocciola, duri con internodi corti o medi. I germogli sono cotonosi con ricco tomento biancastro sulle foglioline terminali con l’apice del germoglio leggermente sfumato in rosa. Le foglie medie sono pentagonali, ordinariamente trilobate, talvolta quadrilobate con seni laterali mediamente profondi, chiusi o quasi sovente con dente sul fondo. Altre caratteristiche sono il seno peziolare quasi chiuso, i denti larghi ottusi, il picciolo leggermente rosso alla base. I grappoli sono medi (il peso è circa 100 g.), più o meno serrati, conici e piramidali, frequentemente alati; il peduncolo è medio o medio-corto, giallo verdastro a perfetta maturazione, i pedicelli corti e rossi. Gli acini sono medi sferici, la buccia è spessa, coriacea di color violetto carico e pruinosa. La maturazione è piuttosto tardiva nell’area del Vulture, si determina tra il 15 ottobre e il 10 novembre”.
storia dell'aglianico del vulture
L’Aglianico, secondo le tesi più accreditate sarebbe stato introdotto in Italia dai coloni greci della Calcide ( eubea) ( oggi negroponte) all’epoca della fondazione di Cuma ( 750 a. C.). Ma alcune recenti teorie in corso di definizione, ipotizzano la coltivazione della vite e la presenza del vitigno ancestrale nell’antica Lucania anteriori all’arrivo dei coloni greci. Anche l’origine etimologica del suo nome è incerta. L’appellativo ancestrale sarebbe stato secondo alcuni Eleanico, dal nome dell’antica città di Elea, sulla spiaggia lucana del Tirreno. Secondo i più il suo nome iniziale era Ellhnika. La corruzione linguistica di questo in Ellanica , Ellenico (sinonimie riportate nella letteratura ampelografica) quindi in Aglianico si è completata alla fine del XV secolo, al tempo del dominazione aragonese nel regno di Napoli. Infatti la doppia L in spagnolo ha lo stesso suono del gruppo GL. Se il Barolo è stato definito come il vino dei re, l’Aglianico nella sua più lunga storia non gli è stato certamente da meno stato costantemente presente sulle mense di sovrani e condottieri. Innanzitutto l’Aglianico rientrava nell’uvaggio del Falerno, il più celebrato vino dell’Impero Romano. Lo hanno quindi bevuto imperatori tra cui sicuramente sicuramente Augusto, i cui momenti di convivio, sono stati magnificati dai versi Quinto Orazio Flacco, poeta maximus, dell’impero ma anche noto come poeta del carpe diem e del vino. Oriundo della stessa capitale dell’Aglianico del Vulture Venusia, splendida civitas ricca di vigneti, più di ogni altro ha tratto dalla vite e dal vino forza ispiratrice generando i più grandi capolavori della poesia mondiale di tutti i tempi, che hanno contribuito a creare quel profondo legame e tra cultura e vino, che distingue lo stesso vino dalle altre comuni bevande alcoliche. Nel basso Medioevo gli esarchi bizantini inviavano ai Basilei di Bisanti, signori della Basilicata fino all’anno 1000, li potente vino del Vulture. Il Normanno Roberto d’Altavilla, detto il Guiscardo, divenut dopo il fratello Drogone feudatario di Venosa, ne era grande estimatore. Il grande imperatore Federico II di Svevia, amante della poesia musica e caccia lo amava bere abbinandolo sugli arrosti di cacciagione nei castelli di Melfi e Lagopesole e Monteserico, con il cancelliere Pier delle Vigne e i suoi cavalieri. Carlo d’Angiò raccomandava ai feudatari suoi vassalli del Vulture di inviargli ogni anno 400 somme del buon vino Aglianico. Il coppiere Sante lancierio riferisce come l’aglianico sia stato uno dei preferiti vini di paolo III Farnese. Fra gli apologeti degustatori di questo vino ci fu Ferdinando IV di Borbone penultimo re delle Due Sicilie, che venuto in visita ufficiale in Basilicata, si trattenne più a lungo soggiogato dal bellissimo paesaggio e dalla bontà del vino.
Clicca sulle bottiglie per visualizzare le schede tecniche dei vini.
Aglianico del Vulture “Messeroto” 2008 14 %vol. 7.00€
Aglianico del Vulture "Liscone" 2008 14 %vol. 8.00€
Aglianico del Vulture "Bauccio" 2007 14,5 %vol. 14.00€
Aglianico del Vulture Riserva “Drogone” 2004 14,5 %vol. 26.00€
Marco de Bartoli, le nuove annate
MARCO DE BARTOLI
È in Sicilia, nella zona occidentale dell’isola, nel marsalese, che Marco De Bartoli, credendo fortemente nelle tradizioni della viticoltura del suo territorio, si avvia a riscoprire e coltivare uno stretto legame tra i metodi tradizionali e innovativi di lavorazione della terra e di produzione del vino.
Ed è proprio la ricerca di un’eccellente qualità, coniugata al rispetto delle tradizioni vinicole siciliane che fanno prediligere a Marco De Bartoli l’utilizzo di vitigni autoctoni ed in particolare il Grillo, presente in Sicilia dall’epoca fenicia e base del classico Marsala, e lo Zibibbo, da cui si ricava il celebre moscato passito di Pantelleria. Nascono così i vini di Marco De Bartoli, il primo dei quali è il “Vecchio Samperi”, in onore alle terre che ospitano l’azienda, un vino ottenuto con l’antico metodo Soleras che, attraverso una sequenza di passaggi di piccole percentuali di vino più giovane in fusti che contengono vini più vecchi, permette di creare un’armoniosa mescolanza di annate diverse, dal gusto unico e inimitabile.
Nel 1982 è imbottigliato il “Vigna La Miccia”, Marsala tipo Oro, più gentile perché vinificato a freddo, dagli intensi profumi primari delle uve Grillo e Inzolia.
Sulla scia del “Vecchio Samperi” nel 1983 nasce il “Marsala Superiore”, un vino invecchiato nel rispetto dei tempi ciclici della natura in botti di rovere ma reso amabile dalla mistella, base alcolica d’antica ricetta, ottenuta dalla miscela del mosto d’uve Inzolia e acqua vite. L’appassionato lavoro di ricerca di Marco De Bartoli continua e negli ultimi anni si è determinata la produzione di vini d’annata, soprattutto monovarietali autoctoni e rossi di carattere internazionale.
GRAPPOLI DEL GRILLO - GRILLO 2009 - 13%vol. - 21.00€
PIETRA NERA - ZIBIBBO VINIFICATO IN SECCO 2010 - 11,5%vol. - 20.00€
METODO CLASSICO “TERZAVIA” 100% da Uve Grillo 2006 - 13%vol. - 21.00€
Nuovi Arrivi da Gulfi...
Il territorio in cui lavoriamo vanta da oltre 2000 anni la presenza della vite.
Non abbiamo inventato niente che già non esisteva. Niente che da almeno duemila anni non venisse fatto. Abbiamo solo dovuto adattare al nostro tempo l’operosità dei nostri Padri, la cultura dei nostri Avi. Abbiamo ricevuto in prestito un territorio, che dobbiamo rispettare perché è il nostro futuro e il futuro dei nostri figli. Quello che ci hanno insegnato i nostri Padri dobbiamo trasmetterlo ai nostri figli. Il territorio è il nostro capitale, lasciatoci in prestito, che non dobbiamo consumare, intaccare o peggio distruggere, ma migliorare. Possiamo, dobbiamo goderne solo i frutti, con intelligenza, con rispetto.
Probabilmente tra cento anni i nostri vini rappresenteranno ancora la vera espressione del nostro territorio, come lo sono oggi e come lo sono sempre stati.
Una civiltà che si rispetti, oltre ad un territorio deve avere una cultura che la identifichi, l’accomuni, nel tempo e attraverso i tempi. Un tassello di un mosaico da solo non rappresenta niente. E’ solo nella giusta posizione nel mosaico, insieme a tanti altri tasselli, che può diventare una grande opera d’arte, capace di resistere e valorizzarsi nel tempo.
I nostri vini sono vera espressione del territorio da cui provengono. Non vogliono essere esclusivamente né i vini del produttore né i vini dell’enologo.
La ricerca dell’armonia, dell’equilibrio nel vigneto ed in cantina da parte dell’uomo impone una conoscenza profonda dell’ambiente in cui si opera. Il viticoltore e l’enologo non possono essere due figure separate, stagne, ma entrambe devono essere complementari e far parte del territorio in cui operano, in modo da poter meglio comprendere ed interpretare la vigna, i vitigni, la cultura vitivinicola del territorio. E’ essenziale spendere tanto tempo nella ricerca delle ragioni, del perché in un ambiente si è prodotto un tipo di vino anziché un altro o coltivato da sempre un tipo di vitigno e non altri.
Il nostro lavoro è motivato da forte passione, tramandata da padre in figlio, e condivisione dei valori in cui crediamo.
Bisognerebbe riflettere molto sul fatto che le scelte di oggi avranno effetti futuri. Chi oggi impianta un vigneto deve fare una scelta definitiva: molto probabilmente lascerà la vigna e i vitigni che ha deciso di impiantarvi in eredità ai propri figli, quindi le sue scelte non possono dipendere da “mode commerciali”, da considerazioni superficiali fatte dall’esperto o dal tecnico “di passaggio” nella propria azienda. I suoi sforzi, l’azienda che fonderà, i vigneti che impianterà, dovranno essere in grado di garantire una continuità alla generazione successiva, che sarà quella che appieno usufruirà dei frutti e dell’impegno profuso oggi.
Il nostro intervento in cantina si riduce semplicemente al rispetto di quanto prodotto dalla natura.
Il valore aggiunto che fa del vino un prodotto agricolo diverso rispetto agli altri prodotti della terra è il suo legame culturale con il territorio in cui viene prodotto. E’ per questo che un vino, quando è vera espressione del territorio e della cultura degli uomini che lo producono, non dipende da una sola persona, ma da una civiltà.
Caricante 2009 - 17€
Caricante Magnum 2009 - 40€
Cerasuolo di Vittoria 2010 - 12€
Nero d’Avola Nerojbleo 2008 - 13€
Nero d’Avola Nerobaronj 2005 - 30€
Nero d’Avola Nerobaronj Magnum 2005 - 70€
Nero d’Avola Nerobuffaleffj 2005 - 30€
Nero d’Avola Nerobuffaleffj Magnum 2005 - 70€
Nero d’Avola Nerosanlorè 2006 - 33€
Nero d’Avola Nerosanlorè Magnum 2006 - 80€
Nero d’Avola Neromaccarj 2006 - 31€
Nero d’Avola Neromaccarj 2006 - 75€
Nerello Mascalese Reseca 2006 - 28€
Nerello Mascalese Reseca Magnum 2004 - 65€
Marco De Bartoli dalla Sicilia...
MARCO DE BARTOLI
È in Sicilia, nella zona occidentale dell’isola, nel marsalese, che Marco De Bartoli, credendo fortemente nelle tradizioni della viticoltura del suo territorio, si avvia a riscoprire e coltivare uno stretto legame tra i metodi tradizionali e innovativi di lavorazione della terra e di produzione del vino.
Ed è proprio la ricerca di un’eccellente qualità, coniugata al rispetto delle tradizioni vinicole siciliane che fanno prediligere a Marco De Bartoli l’utilizzo di vitigni autoctoni ed in particolare il Grillo, presente in Sicilia dall’epoca fenicia e base del classico Marsala, e lo Zibibbo, da cui si ricava il celebre moscato passito di Pantelleria. Nascono così i vini di Marco De Bartoli, il primo dei quali è il “Vecchio Samperi”, in onore alle terre che ospitano l’azienda, un vino ottenuto con l’antico metodo Soleras che, attraverso una sequenza di passaggi di piccole percentuali di vino più giovane in fusti che contengono vini più vecchi, permette di creare un’armoniosa mescolanza di annate diverse, dal gusto unico e inimitabile.
Nel 1982 è imbottigliato il “Vigna La Miccia”, Marsala tipo Oro, più gentile perché vinificato a freddo, dagli intensi profumi primari delle uve Grillo e Inzolia.
Sulla scia del “Vecchio Samperi” nel 1983 nasce il “Marsala Superiore”, un vino invecchiato nel rispetto dei tempi ciclici della natura in botti di rovere ma reso amabile dalla mistella, base alcolica d’antica ricetta, ottenuta dalla miscela del mosto d’uve Inzolia e acqua vite. L’appassionato lavoro di ricerca di Marco De Bartoli continua e negli ultimi anni si è determinata la produzione di vini d’annata, soprattutto monovarietali autoctoni e rossi di carattere internazionale.
GRAPPOLI DEL GRILLO - GRILLO 2009 - 13%vol. - 20.00€
Tipologia: bianco di corpo
Classificazione: Sicilia Indicazione Geografica Tipica
Varietà: Grillo 100%
Territorio: Sicilia Occidentale, C/da Samperi - Marsala
Vendemmia: 20 / 25 Agosto
Vinificazione: in barriques e tonneaux di rovere francese
Evoluzione: 8 mesi sui lieviti in barriques e 2 mesi in bottiglia
Abbinamenti gastronomici: piatti ricchi e robusti di carne e pesce, indicato anche con minestre e verdure.
PIETRA NERA - ZIBIBBO VINIFICATO IN SECCO 2009 - 12%vol. - 20.00€
Tipologia: bianco secco e aromatico
Classificazione: Sicilia Indicazione Geografica Tipica
Varietà: Zibibbo (moscato di Alessandria) 100%
Territorio: C/da Cufurà a 350 m SLM – Isola di Pantelleria
Vendemmia: 2 / 4 Settembre
Vinificazione: macerazione a freddo con le bucce e fermentazione a T° controllata in acciaio
Evoluzione: 6 mesi in acciaio
Abbinamenti gastronomici: ottimo come aperitivo, si abbina a zuppe di pesce, Cous Cous, pesci in umido e crudi, ottimo con piatti piccanti e crostacei.
MARSALA VIGNA LA MICCIA - 5 ANNI - 18.5%vol. - 24.00€
MARSALA Superiore Riserva - 10 ANNI - 18.5%vol. - 36.00€
Tipologia: vino da meditazione delicato
Classificazione: Doc Marsala Superiore Oro
Varietà: Grillo 100%
Territorio: Sicilia occidentale – C/da Samperi - Marsala
Vendemmia: 8 / 12 Settembre
Vinificazione: Selezione manuale delle uve, spremitura soffice, sedimentazione naturale, fermentazione a temperatura controllata in vasche inox
Evoluzione: 5 anni in fusti di rovere, 10 anni per la riserva
Abbinamenti gastronomici: formaggi erborinati, foie gras, e pasticceria delicata e secca.
Nuove annate dalla Sicilia...
Porta del Vento, è una vallata a seicento metri di altezza in contrada Valdibella, a Camporeale, provincia di Palermo, nella zona dell'Alcamo doc e del Monreale doc. Circa dieci ettari di vigneto, i più alti della provincia impiantati tra il 1974 ed il 1985, terreno sabbioso leggero su una crosta di calcare. La maestria dei contadini di allora, ha saputo allineare le piante seguendo le forti pendenze del terreno scosceso, orientandole verso nord, così da ripararle dall'eccessiva esposizione al sole. Il luogo è particolarmente ventoso con forti escursioni termiche. La coltivazione è biologica certificata e vengono usati soltanto prodotti conformi a base di zolfo e rame, spruzzati a mano direttamente sulle piante per evitarne l'accumulo nel suolo. Il terreno viene zappato a mano lungo i filari, non usiamo alcun prodotto di sintesi, né tantomeno effettuiamo concimazioni, cerchiamo di capire e mantenere soltanto l'equilibrio delle erbe spontanee, con particolare attenzione alla biodiversità, a cui contribuisce il sapiente lavoro delle api che abbiamo scelto di ospitare. La resa è bassissima, meno di trenta quintali per ettaro. Si raccolgono particelle di circa quaranta quintali per volta, a secondo del grado di maturazione e di acidità. La vendemmia viene fatta a mano, l’uva viene raccolta in cassette, e subito portata nella cantina dell'azienda, dove avviene la fermentazione. Anche i bianchi si fanno macerare sulle bucce in tini di rovere senza aggiunta di solforosa e di lieviti estranei. Lasciamo che la natura faccia il suo corso e che, armonia ed energia delle piante siano trasmesse dai grappoli al vino. Cerchiamo di travasare il meno possibile e non filtriamo i vini, per non privarli di alcun elemento che li rende unici, uguali solo a se stessi, capaci di esprimere completamente il territorio a cui appartengono e di trasmettere emozioni a chi abbia sensibilità e passione. Abbiamo iniziato ad imbottigliare nel 2006, nel 2007 la produzione è fatta di ottomila bottiglie e per il 2008 contiamo di produrne diciottomila.
MAQUÈ PERRICONE
Dopo anni di intenso lavoro mirato a esaltare le potenzialità del Catarratto dei nostri vigneti, ci siamo impegnati a recuperare delle splendide piante di Perricone,un vitigno autoctono siciliano tra i più antichi, e oggi molto raro, caratterizzato da grappoli compatti a forma conica , con acini a buccia spessa di colore blu. Lo coltiviamo ad alberello su terreno di medio impasto a 350 metri, esposizione a sud ovest. Da queste uve raccolte a mano a fine agosto, in piccole cassette, quando a piena maturazione mantengono grande acidità e freschezza. Abbiamo creato tre vini entusiasmanti.
Fermentazione spontanea in piccoli tini di rovere a contatto con le bucce per trenta giorni,senza lieviti estranei e senza solforosa,con follatura a mano tre
volte al giorno ,e frequenti rimontaggi all’aria. Pressatura con torchio manuale.
Annata: 2009
Resa per ettaro: 40 qli
Zuccheri residui: 3,4 g/l
Vitigno: Perricone 100%
Fermentazione: spontanea in piccoli tini di rovere
Affinamento: Botti di rovere francese da 25 hl
Acidita' Totale: 6,2
Grado Alcoolico: 14%
Solforosa Totale: 25 mg/lt
Prezzo in Enoteca: 14.00€
PORTA DEL VENTO CATARRATTO
Usiamo esclusivamente uve di catarratto delle varietà lucido ed extralucido, vitigno autoctono tra i più antichi e diffusi sino a qualche anno fa in Sicilia. Crediamo fermamente che questa varietà abbia delle potenzialità inespresse, e lavoriamo per ottenere un grande vino bianco. Limitiamo al massimo la resa con una pota stretta, non effettuiamo concimazioni, non irrighiamo, lasciamo le piante nella loro fisiologica condizione nella quale vivono da più di trent'anni. Raccogliamo in genere nei primi giorni di settembre, solo quando l'acidità ha il valore ottimale. Un vino di grande corpo, equilibrato, fresco dal gusto pulito, con una buona persistenza al palato e buona capacità di invecchiamento.
Annata: 2009
Vitigno: Catarratto bianco comune lucido, extralucido
Fermentazione: in vasche inox a temperatura controllata
Affinamento: sei mesi in vasche inox, sei mesi in bottiglia
Acidita' Totale: 6,9
Grado Alcoolico: 12%
Solforosa Totale: 25mg/l
Prezzo in Enoteca: Annata 2009: 12€ / Annata 2007: 16€
Dal Salento... Pirro Varone!
Il Librone Magno delle famiglie di Manduria riporta il nome di Pirro Varone, figlio di Giovan Battista, nobiluomo ebreo convertito al cattolicesimo, la storia ne tramanda le umane virtù di benefattore, magnanimo dispensatore di offerte alla Chiesa Matrice e ad altre chiese dell'antico borgo, sino alla fine della sua vita, allorchè, con testamento del 24 febbraio 1587, egli lasciò erede del suo patrimonio il Venerabile Monte di Pietà.
La generosità di Pirro Varone è la stessa di una terra che, ancora oggi, riverbera gli innati aneliti gentili nel suo vino.
Posta nel versante sud orientale della provincia di Taranto, nel cuore dell'areale del Primitivo, Manduria è luogo del vino per eccellenza e i suoi nettari sono rinomati in tutto il mondo, grazie a caratteristiche organolettiche che li rendono unici, così come i vini dell'azienda Pirro Varone, che nascono dai 15 ettari vitati di contrada Surani, zona particolarmente votata dell'agro manduriano.In quei campi, ai tradizionali vitigni primitivo, negramaro e malvasia si unisce la riscoperta del Fiano Minutolo (antico vitigno pugliese la cui coltivazione risale all'epoca romana), a comporre il primo tassello di una filiera completa, che dalla campagna alla bottiglia esprime un'unica costante: la qualità.
La stessa qualità dei vigneti Pirro Varone che ne abbassa la resa media rigorosamente a non più di 70 q.li/ha. Quasi come fosse tutto una cura materna, che trova lo slancio più forte nell'impareggiabile contatto fisico della vendemmia: grappoli spargoli, accarezzati al taglio e riposti come in una culla.
Primitivo di Manduria - 15%vol. - 11.00€
Vitigno: Primitivo 100%
Zona di produzione: Limitata nel comprensorio di Manduria località Sorani
Tipologia del terreno: Terra nera mista con strati tufacei di media consistenza
Sistema di allevamento: Alberello appoggiato
Sesto di impianto: Mt.1.90 x 1.20
Età media vigneto: 30 anni circa
Resa media x ettaro: 60/70 quintali di uva
Epoca di raccolta: Prima decade di settembre
Tipologia di raccolta: Manuale
Grado alcolico: 15% vol.
Colore: Rosso rubino con riflessi granato
Profumo: Confettura di mirtilli, tamarindo, note balsamiche
Sapore: Elegante, vellutato, armonico
Temperatura di servizio: 15°-18° c
Abbinamento consigliato: lasagne, carni rosse
Negramaro - 13.5%vol. - 8.50€
Vitigno: negramaro 100%
Zona di produzione: limitata nel comprensorio di Manduria località sorani
Tipologia del terreno: terra nera profonda, poggiata su strati di roccia tufacea
Sistema di allevamento: pergola, tendone
Sesto di impianto: mt. 2.00 x 2.00
Età media vigneto: 30 anni
Resa media x ettaro: 80/90 quintali di uva
Epoca di raccolta: ultima decade di settembre
Tipologia di raccolta: manuale
Grado alcolico: 13% vol.
Colore: rosso rubino con riflessi violacei
Profumo: more, marasca, piccoli frutti di sottobosco, speziato
Sapore: armonioso, speziato, lievemente tannico
Temperatura di servizio: 18°-20° c
Abbinamento consigliato: lasagnetta al ragout o stinco di maiale con gelatina alle more
Grisola - 13%vol. - 10.00€
Vitigno: Grisola 100%
Zona di produzione: limitata nel comprensorio di Manduria, località Sorani
Tipologia del terreno: terra nera profonda poggiata su strati di roccia tufacea
Sistema di allevamento: spalliera – cordone speronato
Sesto di impianto: mt. 2.00 x 1.00
Età media vigneto: 8 anni
Resa media x ettaro: 80/90 quintali di uva
Epoca di raccolta: ultima decade di settembre
Tipologia di raccolta: manuale Grado alcolico: 13.5% vol.
Colore: rosso rubino con riflessi violacei
Profumo: more, lamponi, ciliegia con sentori di viola e note speziate
Sapore: lievemente tannico, armonioso, speziato.
Temperatura di servizio: 18°-20° C
Abbinamento consigliato: carrello di bolliti con salse; formaggi di fossa
Dal Basso... SIcilia
Il territorio in cui lavoriamo vanta da oltre 2000 anni la presenza della vite.
Non abbiamo inventato niente che già non esisteva. Niente che da almeno duemila anni non venisse fatto. Abbiamo solo dovuto adattare al nostro tempo l’operosità dei nostri Padri, la cultura dei nostri Avi. Abbiamo ricevuto in prestito un territorio, che dobbiamo rispettare perché è il nostro futuro e il futuro dei nostri figli. Quello che ci hanno insegnato i nostri Padri dobbiamo trasmetterlo ai nostri figli. Il territorio è il nostro capitale, lasciatoci in prestito, che non dobbiamo consumare, intaccare o peggio distruggere, ma migliorare. Possiamo, dobbiamo goderne solo i frutti, con intelligenza, con rispetto.
Probabilmente tra cento anni i nostri vini rappresenteranno ancora la vera espressione del nostro territorio, come lo sono oggi e come lo sono sempre stati.
Una civiltà che si rispetti, oltre ad un territorio deve avere una cultura che la identifichi, l’accomuni, nel tempo e attraverso i tempi. Un tassello di un mosaico da solo non rappresenta niente. E’ solo nella giusta posizione nel mosaico, insieme a tanti altri tasselli, che può diventare una grande opera d’arte, capace di resistere e valorizzarsi nel tempo.
I nostri vini sono vera espressione del territorio da cui provengono. Non vogliono essere esclusivamente né i vini del produttore né i vini dell’enologo.
La ricerca dell’armonia, dell’equilibrio nel vigneto ed in cantina da parte dell’uomo impone una conoscenza profonda dell’ambiente in cui si opera. Il viticoltore e l’enologo non possono essere due figure separate, stagne, ma entrambe devono essere complementari e far parte del territorio in cui operano, in modo da poter meglio comprendere ed interpretare la vigna, i vitigni, la cultura vitivinicola del territorio. E’ essenziale spendere tanto tempo nella ricerca delle ragioni, del perché in un ambiente si è prodotto un tipo di vino anziché un altro o coltivato da sempre un tipo di vitigno e non altri.
Il nostro lavoro è motivato da forte passione, tramandata da padre in figlio, e condivisione dei valori in cui crediamo.
Bisognerebbe riflettere molto sul fatto che le scelte di oggi avranno effetti futuri. Chi oggi impianta un vigneto deve fare una scelta definitiva: molto probabilmente lascerà la vigna e i vitigni che ha deciso di impiantarvi in eredità ai propri figli, quindi le sue scelte non possono dipendere da “mode commerciali”, da considerazioni superficiali fatte dall’esperto o dal tecnico “di passaggio” nella propria azienda. I suoi sforzi, l’azienda che fonderà, i vigneti che impianterà, dovranno essere in grado di garantire una continuità alla generazione successiva, che sarà quella che appieno usufruirà dei frutti e dell’impegno profuso oggi.
Il nostro intervento in cantina si riduce semplicemente al rispetto di quanto prodotto dalla natura.
Il valore aggiunto che fa del vino un prodotto agricolo diverso rispetto agli altri prodotti della terra è il suo legame culturale con il territorio in cui viene prodotto. E’ per questo che un vino, quando è vera espressione del territorio e della cultura degli uomini che lo producono, non dipende da una sola persona, ma da una civiltà.
Caricante “Carjcanti” 2007 13,00% vol. - 17.00€:
Il CARICANTI nasce da un blend tra il Carricante e l'Albanello.
Zona di produzione: Comune di Chiaramonte Gulfi (Ragusa), Sicilia sud-orientale.
LA VIGNA: VIGNA CAMPO da cui provengono le uve per la produzione del CARICANTI , è ubicata in Val Canzeria, nella Sicilia sud-orientale, nel Comune di Chiaramonte Gulfi (Ragusa) a 400 m di altitudine. Canzeria è un nome di origine araba che significa "luogo dei cinghiali". Vigna Campo si estende per circa 1,5 ettari, con sesto d'impianto di 1,20 tra la fila e 0,90 m sulla fila. Il Carricante, innestato su portinnesto 41/B, è stato selezionato tra le migliori viti etnee.
Il clima è temperato, mediterraneo contraddistinto da importanti escursioni termiche. Terreno calcareo, mediamente argilloso. La densità d'impianto è di 9.000 viti per ettaro. Il vigneto è stato impiantato nel 1999.
CARATTERISTICHE: QUALIFICA: Sicilia ad Indicazione Geografica Tipica.
VITIGNI: Caricante , Albanello, coltivati a spalliera ( alberello modificato con 9.000 viti per Ha).
VINIFICAZIONE: le uve, vendemmiate dopo la metà di settembre, vengono vinificate in serbatoi di acciaio ed in botti da 225 e 500 litri .
CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE:
Colore: giallo paglierino con riflessi verdi.
Odore: intenso, ampio, fruttato con sentori di mela verde.
Sapore: secco, armonico, giustamente acido, con retrogusto di anice e mandorla.
AFFINAMENTO: in acciaio e botti per almeno un anno e per diversi mesi in bottiglia
ABBINAMENTI GASTRONOMICI: la viva acidità, le sensazioni prevalenti di erbe mediterranee suggeriscono di accostarlo al pesce più "difficile", i molluschi ed i frutti di mare; intrigante anche l'abbinamento con primi piatti a base di verdure tenere e profumate, magari arricchiti da formaggi freschi.
MODO DI CONSERVAZIONE: bottiglia coricata in ambiente fresco a temperatura costante non superiore ai 18°C.
Nero d’Avola “Nerojbleo” 2006 14,00% vol. - 13.00€
IL NEROIBLEO é un rosso caldo, solare, dalle spiccate caratteristiche di tipicità, prodotto con un antichissimo vitigno siciliano, il Nero D'Avola da sempre coltivato tra le dolci colline dei monti Iblei, nella provincia ragusana.
Zona di produzione: Val Canziria, nella Sicilia sud-orientale, nel Comune di Chiaramonte Gulfi (Ragusa).
LA VIGNA: VIGNA COSTE , sita in prossimità di Vigna Campo in Val Canzeria, rappresenta la vigna più estesa in comune di Chiaramonte Gulfi. Ha una superficie di circa 4 ettari. L' altitudine media è di 420 m s.l.m., con esposizione est-ovest e giacitura del terreno in lieve pendenza. Il clima è di tipo temperato, caratterizzato da inverni miti ed estati secche, che favoriscono una sana maturazione delle uve. La densità di impianto è di 8.900 viti per ettaro, con forma di allevamento a cordone speronato bilaterale. La produzione di uva non supera gli 85 quintali per ettaro.
CARATTERISTICHE:
QUALIFICA: Sicilia ad Indicazione Geografica Tipica.
VITIGNO: "Calavirisi" (Nero d'Avola) 100 % coltivato ad alberello (7.000 viti per Ha).
VINIFICAZIONE: le uve, vendemmiate dopo la metà di settembre, vengono vinificate in rosso con lunga macerazione del mosto con le bucce.
MATURAZIONE: dopo la malolattica, il vino viene travasato in piccole botti da 500 e 225 litri dove rimane per almeno un anno.
AFFINAMENTO: in bottiglia per qualche mese
CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE:
Colore: rosso rubino carico con riflessi violacei.
Odore: etereo, intenso, tipico, di frutta rossa con sfumature di vaniglia
Sapore: elegante, armonico persistente al gusto
ABBINAMENTI GASTRONOMICI: vino morbido e grintoso al tempo stesso, si abbina magnificamente alle minestre di legumi, cereali e verdure invernali; sa avvolgere, custodire l'aspetto liquido delle zuppe, tenere in pugno la trama dell'abbinamento senza mai dare la sensazione di prevalere. Altra intrigante possibilità è quella di piatti mediterranei in cui si uniscono verdure saporite, erbe e formaggi: per limitarci ad un paio di esempi, una pasta al forno con melanzane, pomodoro, parmigiano, mozzarella ed erbe aromatiche, o anche la classica Parmigiana di melanzane
MODO DI CONSERVAZIONE: bottiglia coricata in ambiente fresco a temperatura costante non superiore ai 18°C.
DURATA: si giova di una lunga permanenza in bottiglia diventando più austero e maturo dopo 3-4 anni dalla vendemmia .
Nerello Mascalese “Reseca” 2004 14,50% vol. - 28.00€
Il RESECA è un classico rosso dell’Etna. Il particolare terreno vulcanico ed il clima etneo, di alta collina, con elevate escursioni termiche tra il giorno e la notte, conferiscono a questo cru caratteristiche organolettiche inconfondibili, tipici dei vini etnei.
LA VIGNA: VIGNA POGGIO si estende per circa 2 ettari in frazione Monte La Guardia in comune di Randazzo nel versante nord dell’Etna.
Le viti, centenarie, allevate ad alberello (10.000 viti per ettaro) e sostenute dal caratteristico tutore in castagno, si estendono su delle terrazze in pietra lavica in un contesto paesaggistico unico e suggestivo.
In più...
NEROMACCARJ | |
Il VINO:
Il NEROMACCARJ è un cru di Nero d’Avola dal carattere particolarmente deciso possente e ricco. La forza acida che ne segna la personalità trova puntuale riscontro e bilanciamento nella fitta trama tannica ma soprattutto nella ricchezza di polpa e nella maturità di frutto che danno al vino una grande avvolgenza, da cui nel tempo si liberano sempre più nette le tipiche note di erbe secche e confetture.
LA VIGNA :
La vigna Maccarj fra le più rinomate del pachinese, sottozona classica del Val di Noto, si estende per circa 3 ettari a 30 m di altitudine. Il terreno, calcareo argilloso, appartiene ad una formazione geologica particolarmente antica, caratterizzata da stratificazioni molto sottili e compatte. Il clima è temperato-caldo mediterraneo. La densità di impianto è di 7000 viti per ettaro allevate ad alberello. Le vigne, non irrigate hanno oltre 35 anni con resa naturale che non supera i 50 quintali ad ettaro.
LA VINIFICAZIONE E L'AFFINAMENTO:
Le uve vendemmiate dopo la metà di settembre, vengono vinificate in rosso con lunga macerazione del mosto con le bucce. Dopo la malolattica, il vino viene travasato in piccole botti da 500 e 225 litri dove rimane per circa 24 mesi. All’imbottigliamento segue un periodo di affinamento in bottiglia di circa due anni.